Source: The Holy See in Italian
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Pyay (Agenzia Fides) – “I combattimenti proseguono e la gente innocente continua  a soffrire nello nello stato birmano di Rakhine”, dice all’Agenzia Fides Peter Tin Wai, Vescovo di Pyay, importante città dello stato Rakhine (o Arakan), da dove guida una diocesi che abbracci di fatto l’intero territorio dello stato nella parte occidentale del Myanmar. Tra gli ultimi episodi di violenza, ha suscitato dolore e indignazione l’attacco aereo condotto dall’esercito birmano il 12 settembre, su due scuole private nella cittadina di Kyauktaw, in cui sono morti 20 giovani tra i 15 a i 21 anni.  L’esercito regolare birmano combatte contro l’Arakan Army (AA), esercito etnico che ha  conquistato la maggior parte del Rakhine, e controlla ora 14 municipalità su 17. L’esercito birmano, che ha perso posizioni sul terreno, ricorre a bombardamenti aerei che colpiscono anche edifici e abitazioni civili. Anche l’Unicef, esprimendo  “estrema preoccupazione” ha affermato che l’attacco del 12 settembre  “si aggiunge a un modello di violenza sempre più devastante nello stato di Rakhine, con bambini e famiglie che pagano il prezzo più alto”.Intensi combattimenti proseguono lungo il confine orientale dello stato di Rakhine, linea del fronte in cui la formazione etnica ha respinto i militari della giunta. Il Vescovo Tin Wai spiega a Fides che “nella maggior parte dello stato il potere è nelle mani del Arakan Army; in quei territori non ci sono comunicazioni, vi sono gravi problemi per il sistema di istruzione,  la gente cerca di sopravvivere”. “Abbiamo 12 parrocchie che continuano la loro vita in quel territorio: i preti sono accanto alla gente, si fatica e si cerca di andare avanti nella vita quotidiana, per il sostentamento materiale; si cerca poi di celebrare i sacramenti e tenere aperte le chiese, in questa sofferenza”, racconta. Dei circa 30mila fedeli della diocesi,  la metà vive in territori controllati dall’AA; l’altra metà dei fedeli, prosegue, “è nelle tre municipalità di Sittwe, Kyaukpyu e Munaung, ancora in mano all’esercito”. “La situazione sul campo – sfferma – continua a provocare sfollamento, i rifugiati vengono a Pyay o lasciano lo stato per andare a Yangon, in cerca di  salvezza. In Rakhine manca il riso, per molti mancano istruzione e assistenza sanitaria. le famiglie provano a spostarsi in aree dove i servizi sociali essenziali come la scuola ancora funzionano” riferisce.In un tempo segnato dalla violenza, “i civili innocenti sono stretti tra due eserciti che si fronteggiano: entrambi gli eserciti hanno imposto la leva obbligatoria, costringendo i giovani ad arruolarsi per combattere. Per questo tutti i nostri giovani scappano all’estero e la società perde le sue migliori energie”.Sul piano pastorale e spirituale, il Vescovo nota: “Con la loro vita semplice, con le loro forze limitate,  i preti e i consacrati cercano di essere vicini alla gente, cercano di consolare gli afflitti. La fede è viva  nonostante la guerra, anzi si può dire che, in un tempo  di difficoltà e sofferenza, la gente si rivolge a Dio con maggiore intensità e fervore”. Mentre “vi sono gruppi armati dappertutto –  nota – non sappiamo cosa ci riserverà il futuro. Ogni giorno è un dono di Dio.  In questa  guerra civile, che devasta la nazione, finche non ci sarà un dialogo nazionale, nessuno vincerà e tutti sono perdenti. Preghiamo per la pace e chiediamo a tutti di unirsi a noi. In un tempo di angoscia, la Chiesa predica pace e speranza e implora Dio perchè finisca questa tribolazione”. (PA) (Agenzia Fides 19/9/2025)
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