MISSIONARI COREANI NEL MONDO/3 – In missione in terra australiana, seguendo la scia dei migranti

Source: The Holy See in Italian

venerdì, 31 ottobre 2025

di Pascale RizkCanberra/Sydney (Agenzia Fides) – Sono passati più di 40 anni da quando, nel 1984, un sacerdote missionario di Sydney iniziò a recarsi una volta al mese a Canberra per celebrare la messa per la locale comunità cattolica coreana.Nel 2011 la diocesi di Daejeon, in Corea, ha inviato ufficialmente il suo primo cappellano a tempo pieno. «Mi colpisce vedere come viene vissuta la fede cristiana in una società multiculturale. Oltre al mio ministero presso la comunità coreana, presto servizio anche nelle parrocchie locali», racconta padre Andrea Yang Myeong-sik che celebra l’eucaristia in coreano una volta alla settimana. «Questo mi porta a riflettere costantemente su come la comunità coreana possa essere più integrata con la parrocchia locale e con le altre comunità etniche» aggiunge il sacerdote, che cura il piccolo gregge di 130 immigrati coreani di prima e seconda generazione.A causa del profilo peculiare di Canberra, capitale amministrativa con una popolazione relativamente piccola e una gamma limitata di opportunità di lavoro, le persone sono portate a vivere una forte mobilità, e la comunità appare in costante transizione.«Una urgenza che ci troviamo a affrontare è quella di coltivare un senso di continuità nell’opera pastorale, nonostante questi frequenti cambiamenti nella composizione della comunità», spiega don Andrea.Rispetto a Sydney, Canberra ha un numero inferiore di studenti stranieri o titolari di visti per vacanze-lavoro. La gran parte dei coreani residenti a Canberra è rappresentata da famiglie o professionisti giunti per motivi di lavoro. I battesimi sono celebrati un paio di volte all’anno. «Adesso – racconta padre Myeong- sik – c’è con noi una giovane donna cinese che ha studiato e lavorato in Corea prima di venire in Australia. La sua amica, che aveva ricevuto il battesimo nella comunità coreana due anni fa, l’ha invitata a unirsi a noi. Invece di unirsi a una parrocchia locale di lingua inglese, ha iniziato il catechismo con la comunità coreana.Dalla più grande comunità tra le tre realtà parrocchiali dell’area metropolitana di Sydney, padre Andrea Kim Yoon Jae dice di sé:«sono venuto dalla Corea del Sud proprio per questa missione». oggi serve con altri tre sacerdoti coreani la parrocchia dedicata ai Martiri Coreani e a San Stanislao. Fondata nel 1976, con l’aiuto dei Padri Francescani e dei Padri Colombani che avevano prestato servizio come missionari in Corea del Sud, raduna oltre 1.400 i parrocchiani che partecipano alla messa domenicale ogni settimana anche se i membri registrati sono più di 6.000. I battesimi si celebrano quattro volte l’anno per i neonati e una volta per gli adulti. «Una caratteristica distintiva della nostra parrocchia – racconta Yvon Jae, a Sydney da 4 anni – è quella dei genitori che scelgono di far battezzare i propri figli nel contesto della grande opera educativa promossa dalle numerose scuole cattoliche presenti nella zona».La comunità cattolica coreana di Sydney si prepara invece a celebrare il 50° anniversario dal suo primo costituirsi. Oggi, la parrocchia comprende immigrati di diverse generazioni arrivate in quattro ondate migratorie: quella degli anni ’60, con la migrazione dei lavoratori qualificati, quella degli anni ’70-‘80, dopo la guerra del Vietnam – formata in gran parte da veterani che avevano partecipato a quel conflitto a fianco del governo del Vietnam del sud -, quella degli anni 2000 (un’ondata di studenti e giovani con visti per vacanze-lavoro) e quella delle famiglie e degli studenti emigrati negli ultimi anni per motivi di studio o di lavoro. «A causa della distanza e dei motivi finanziari, l’immigrazione coreana in Australia ha continuato a crescere e nuove persone continuano ad unirsi alla comunità. Questo afflusso probabilmente continuerà ancora per qualche tempo» aggiunge padre Yoon Jae Kim.Nel portare avanti la loro opera pastorale, anche i missionari coreani in Australia fanno i conti col divario tra le generazioni e le difficoltà di comprensione reciproca.Invece nella parrocchia del Sacro Cuore a Kew, la presenza coreana è costituita solo da qualche famiglia i cui figli frequentano la scuola annessa alla parrocchia. Lì vive da otto mesi il suo ministero sacerdotale don Michele Kong, originario di Seoul, da circa 20 anni in Australia. Ordinato 11 anni fa nell’arcidiocesi di Melbourne, Kong sottolinea una differenza culturale nel vissuto pastorale delle comunità cattoliche coreane d’Australia rispetto a quelle della terra d’origine: «mentre i fedeli delle chiese coreane tendono a comportarsi in modo più cauto e riservato, i fedeli delle parrocchie in Australia tendono ad esprimersi in modo più estroverso e informale».(Agenzia Fides 31/10/25)
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