Source: The Holy See in Italian
L’Œuvre d’Orient
di Gianni ValenteHoms (Agenzia Fides) – È tornato da pochi giorni l’Arcivescovo Jacques Mourad, dopo aver partecipato a Roma al Sinodo dei Vescovi della Chiesa siro cattolica. E subito è stato preso dalle tante cose che a Homs lo stavano aspettando. «In questi giorni celebro le prime comunioni dei bambini e delle bambine nelle parrocchie dei villaggi. È una gioia che tocca il cuore. Ringraziamo il Signore per tutti questi segni di speranza che Lui offre a noi, nella nostra povertà».Calibra ogni parola, Jacques Mourad, quando parla del tempo che sta vivendo la sua Patria e il suo popolo.Il monaco della comunità di Deir Mar Musa, divenuto Arcivescovo siro cattolico di Homs Hama e Nabek, ha anche lui nel cuore il tumulto per la strage dei cristiani massacrati a Damasco il 22 giugno, mentre erano riuniti con i fratelli e le sorelle per partecipare alla messa domenicale nella chiesa di Sant’Elia.Le parole del Vescovo Jacques, nato a Aleppo e unitosi alla comunità monastica fondata dal gesuita romano Paolo Dall’Oglio, sono a tratti taglienti, mentre racconta il presente siriano.Ripete che «Oggi la Siria è finita come Paese». Ma vede anche che, in tale naufragio, la Chiesa in Siria continua il suo cammino e la sua opera, per il bene di tutti. E ciò accade solo «perché questa è la volontà di Gesù. Gesù vuole che la Sua Chiesa rimanga in Siria. E questa idea di svuotare la Siria dei cristiani, non è certo la volontà di Dio».La strage dei cristianiIl nuovo potere che domina a Damasco cerca parole rassicuranti. Anche dopo la strage nella chiesa di Sant’Elia, rappresentanti governativi ripetono che i cristiani sono una componente ineliminabile del popolo siriano. «E io voglio dire» scandisce l’Arcivescovo Mourad «che il governo porta direttamente la responsabilità di tutto quello che è successo. Perché ogni governo è responsabile della sicurezza del popolo. E non parlo solo dei cristiani. Anche tanti sunniti, tanti alawiti sono stati uccisi, tanti sono spariti. Se una squadra mandata da qualche organismo internazionale venisse a ispezionare le carceri, adesso ci troverebbe tanta gente che non ha nulla a che fare con i crimini del regime passato. Credo si possa dire che questo governo sta perseguitando il popolo. Tutto il popolo».L’Arcivescovo siro cattolico di Homs percepisce ostilità anche nelle formule rassicuranti utilizzate dal nuovo regime siriano verso i battezzati: «Ogni volta che sento parlare della “protezione” dei cristiani, sento che siamo messi sotto accusa. E sotto minaccia. Sono formule usate non per manifestare benevolenza, ma per incriminare. Quello che devo dire è che questo governo fa le stesse cose fatte dal regime di Assad contro il popolo. Ambedue i regimi, quello di Assad e quello di adesso, non hanno alcun rispetto per il popolo siriano e la sua storia». Siria finita La Siria – riconosce l’Arcivescovo Jacques – ha una grande eredità, e ha il presente del suo popolo giovane. «Ma gli ultimi governi «sembrano voler annichilire, distruggere, questa civilizzazione, la civiltà di questo popolo. È un crimine mondiale, non riguarda solo noi». «L’Unesco proclama patrimonio dell’umanità tanti luoghi della Siria. Poi nessuno li protegge. E ora abbiamo bisogno di proteggere il nostro patrimonio vivente, non solo i monumenti». Prima i megafoni, poi il terrore Le sigle del terrore cambiano spesso la loro “griffe”. Fonti governative siriane, per l’attentato alla chiesa di Damasco, hanno chiamato in causa non meglio specificati militanti di Daesh, lo “Stato Islamico”. Ma a rivendicare la strage dei cristiani è stata una sigla jihadista appena inaugurata, Saraya Ansar al-Sunna, creata forse da fuoriusciti da Tahrir al-Sham. Strategie di mercato, gestione “professionale” della comunicazione e della propaganda. I cristiani ortodossi della chiesa di Sant’Elia a Damasco – questo ripetono più fonti e testimoni sul campo – sono stati massacrati “per punizione”, dopo che alcuni di loro avevano avuto un alterco coi militanti islamisti che andavano di continuo davanti alla chiesa con gli altoparlanti montati sulle automobili per sparare a alto volume nelle orecchie dei battezzati i versetti del Corano e i richiami a convertirsi e a aderire all’Islam. La stessa cosa – conferma l’Arcivescovo Jacques – succede anche a Homs e in tutta la Siria: «Passano con le macchine di sicurezza del governo, e dagli altoparlanti chiedono ai cristiani la conversione. Se poi noi chiediamo ragione di questi comportamenti a quelli della sicurezza, ci rispondono che si tratta di iniziative individuali. Ma intanto continuano a usare le auto della sicurezza…il popolo non crede più a questo governo». Sponsor d’Occidente Intanto chi comanda oggi in Siria continua a cercare accreditamenti da parte di circoli e poteri esterni. Rappresentanti del governo si sono detti pronti a rifare l’armistizio con Israele del 1974. «Io» riconosce l’Arcivescovo Mourad «non sono un politico. E vedo che quasi tutto il popolo siriano desidera la pace. Desidera anche arrivare a un accordo di pace con Israele, per tutti i Paesi del Medio Oriente. Dopo tutti questi anni sono tutti veramente stanchi di questa guerra, e di considerare gli ebrei come nemici. Ma se arrivassimo adesso a un accordo con Israele, ciò avverrebbe solo perché adesso la Siria è debole. E un simile accordo, in un momento come questo, sarebbe solo un altro atto di umiliazione del popolo.Quindi, prima che il Presidente arrivi a siglare tale accordo, bisognerebbe almeno parlare chiaro al popolo, spiegare cosa significa questo accordo, e cosa c’è dentro. Quali sono le condizioni per Israele e per i siriani». L’esercito israeliano – prosegue l’Arcivescovo siro cattolico di Homs «ha occupato tanti territori siriani dopo la fine del regime di Assad. Questo vuol dire che forse dobbiamo dimenticarci per sempre delle alture del Golan. E questo vuol dire che il popolo siriano, soprattutto a Damasco, potrà sempre essere sotto minaccia con lo strumento della sete, perché l’acqua a Damasco arriva dal Golan. E se rimaniamo sotto il potere di Israele per l’acqua, immaginiamoci per le altre cose…». Oggi – aggiunge padre Jacques, entrando dentro i drammi del presente siriano «la Siria è finita come Paese. Continuiamo a ripetere che è il primo Paese del mondo, che Damasco e Aleppo sono le città più antiche del mondo, ma questo nel presente non vuol dire più niente. È finita, gran parte del popolo vive sotto il livello di povertà, siamo massacrati, umiliati, stanchi. Non abbiamo la forza di riprenderci da soli la nostra dignità. Se non c’è un sostegno politico sincero a favore del popolo, e non del governo, siamo finiti». E «Nessuno può condannare il popolo siriano perché emigra, e cerca salvezza fuori dalla Siria. Nessuno ha il diritto di giudicare». In una situazione dove tutta l’economia, e il sistema educativo, e anche quello sanitario sono al collasso. Da dove ricominciare È possibile trovare delle strade per andare avanti, quando l’orizzonte è così buio e sembra mancare il respiro?L’Arcivescovo sceglie parole forti e impegnative per tratteggiare oggi la condizione e la missione delle Chiese e dei cristiani siriani. «Secondo me – dice – la Chiesa è l’unico riferimento di speranza per tutto il popolo siriano. Per tutto, non solo per i cristiani. Perché noi facciamo tutto per sostenere il nostro popolo, nel modo che possiamo». «Dopo la caduta di Assad, tanti nelle nostre comunità e parrocchie sono entrati in una crisi di paura. Una disperazione terribile. Anche io ho fatto visite a tutte le parrocchie, in ogni villaggio, per incoraggiare i cristiani, parlare del futuro. Grazie a Dio, ogni volta io mi sento accompagnato dal Signore, nelle parole, nel discorso che faccio per il popolo. E così, in questa situazione, siamo presi a organizzare regolarmente gli incontri per i giovani, per i bambini, per i gruppi impegnati nella Chiesa in diversi modi». Anche in una situazione per molti versi tragica, la vita ordinaria delle comunità ecclesiali prosegue il cammino.E proprio le comunità ecclesiali provano a promuovere il dialogo per la convivenza tra tutti i gruppi e le componenti, in un contesto lacerato, impregnato di dolore e risentimenti.«A Aleppo e anche a Damasco sono veramente bravi. I Vescovi hanno dato spazio anche ai laici per riflettere e prendere l’iniziativa.A Homs proviamo di fare incontri con tutte le altre comunità. Alawiti, ismailiti, sunniti, cristiani. Le persone che incontriamo sono tutte preoccupate per la politica del governo, anche i musulmani. Siamo uniti, perché siamo tutti sulla stessa barca, come ripeteva Papa Francesco». L’incontro con Papa Leone È stato Papa Leone a chiedere ai Vescovi siro cattolici di venire a Roma per tenere nella città eterna il loro Sinodo ordinario, svoltosi dal 3 al 6 luglio. «È stata un’occasione bellissima poterlo incontrare, conoscerlo e avere la sua benedizione. Ho seguito con attenzione i discorsi che lui ha fatto parlando delle Chiese orientali e dell’Oriente cristiano. Ho approfittato di questo incontro per ringraziarlo e chiedere di incoraggiare tutta la Chiesa cattolica a prendere l’iniziativa soprattutto per sostenere il popolo siriano nelle sue urgenze primarie».La speranza traspare nelle opere concrete«Per me» sottolinea Jacques Mourad «è importante che la Chiesa si coinvolga intensamente nella ricostruzione delle scuole e di tutto il tessuto educativo in Siria. E anche che nella costruzione di ospedali decenti per il nostro popolo. Già abbiamo in funzione delle scuole, a Aleppo, a Damasco, ma non bastano. A Homs non c’è niente. Dobbiamo lavorare su questo, perché questo può aiutare anche a arginare l’emigrazione dei cristiani. Tutti i genitori pensano al futuro dei loro figli. E se non possono garantire loro scuole dove studiare e ospedali che funzionino, rimane solo la scelta di andar via».Abbiamo bisogno di tutto. Abbiamo bisogno anche di far rinascere centri pastorali e culturali che possano accompagnare la crescita anche umana e culturale dei nostri giovani. E anche di case per i giovani che vogliono sposarsi. Così si possono incoraggiare tutti i giovani a rimanere nel Paese, a non andar via».Così il presente e il futuro dell’Arcivescovo Jacques si riempie di cose buone da fare. Mancano le risorse, ma l’orizzonte è chiaro: . «Così – dice lui – possiamo andare avanti, nel cammino della nostra Chiesa in Siria. Perché questa è certo la volontà di Gesù. Gesù vuole che la Sua Chiesa rimanga in Siria. Questa idea di svuotare la Siria dei cristiani, non è certo la volontà di Dio». (Agenzia Fides 14/7/2025)«E noi per primi, i discepoli di Cristo, e chi esercita delle responsabilità a nome suo, abbiamo il dovere di proteggere i nostri fedeli e fare tutto il possibile garantire il futuro della Chiesa in Siria». (Agenzia Fides 14/7/2025)
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