Source: The Holy See in Italian
Lahore (Agenzia Fides) – Da 12 anni Asif Pervaiz, 42enne pakistano di religione cristiana, è in carcere e nel 2020 è stato condannato a morte da un tribunale di Lahore per accuse di blasfemia. Il suo è uno dei tanti casi in cui le accuse sono false e un uomo innocente è stato incastrato. Oggi la sua famiglia denuncia all’Agenzia Fides i ritardi nella giustizia in Pakistan: “Ad aprile scorso, finalmente, grazie all’avvocato Saif-ul-Malook avevano fissato la data per l’appello. Ma il giudice l’ha inaspettatamente cancellata, senza fornire ragioni”, dice Waseem Anwar, fratello del condannato, che con la sua famiglia e la famiglia di Asif Pervaiz ha dovuto spostare la sua residenza per motivi di sicurezza temendo di subire ritorsioni , come può accadere ai parenti delle persone accusate di blasfemia. Waseem Anwar, che lavora in un fabbrica tessile, come il fratello, si sta anche prendendo cura della moglie di Asif e dei suoi 4 figli.La vicenda che lo ha visto coinvolto è avvenuta nel 2013, nella fabbrica tessile dove Asif lavorava. Qualcuno ha preso il suo cellulare e ha inviato messaggi sms blasfemi. “Lo ha fatto qualcuno dei suoi colleghi di lavoro per motivi di invidia e gelosia e di disprezzo verso i cristiani”, racconta Waseem. “Purtroppo al processo di primo grado, il tribunale ha respinto la sua testimonianza in cui Asif negava le accuse e lo ha condannato a morte”. Asif Pervaiz ha anche spiegato che il supervisore della sua fabbrica lo aveva affrontato, invitandolo a convertirsi al’islam, ma lui aveva rifiutato. Muhammad Saeed Khokher, il querelante, ha negato di voler convertire Parvaiz. Dopo la condanna in primo grado, faticosamente la famiglia ha cercato supporto per organizzare il ricorso in appello. Ma tuttora non è stato ancora possibile aprire il nuovo processo.”Casi di false accuse di blasfemia , dopo un lungo iter processuale, possono anche, alla fine, avere un esito favorevole”, ricorda a Fides l’avvocato cattolico Khalil Tahir Sandhu, che ha difeso tante vittime in tribunale. “Resta il fatto che gli imputati innocenti possono passare numerosi anni in carcere e le loro famiglie subire danni irreparabili, senza alcun risarcimento nè punizione per quanti formulano false accuse”, nota.Tra i casi con esito favorevole, l’8 luglio scorso un tribunale di Lahore ha assolto due giovani cristiani da una falsa accusa di blasfemia, scaturita da una disputa di piccola entità. Adil Babar e Simon Nadeem avevano rispettivamente 18 e 14 anni quando furono accusati nel 2023 e, due anni dopo, sono stati assolti.Ha fatto scalpore il caso di un cattolico assolto dall’accusa di blasfemia dopo aver trascorso 23 anni in carcere. Anwar Kenneth, oggi 71 anni, fu arrestato nel 2001 per presunta blasfemia e nel luglio 2002 un tribunale di Lahore lo aveva condannato a morte. A giugno scorso la Corte Suprema, esaminato il caos, ha disposto l’assoluzione riconoscendo la sua malattia mentale.Un rapporto della Ong “Human Rights Watch” (HRW), pubblicato a giugno 2025, dal titolo “A conspiracy to grab the land”, afferma: “Le leggi pakistane sulla blasfemia sono discriminatorie, negano l’uguaglianza davanti alla legge ai non musulmani e facilitano la violenza contro chiunque sia accusato del reato. La blasfemia è un reato ufficialmente punibile con la morte in Pakistan e le leggi da tempo sono utilizzate per compiere vendette personali e perseguire membri di comunità religiose minoritarie con gravi conseguenze. Una semplice accusa di blasfemia può essere, di fatto, una condanna a morte: nell’ultimo decennio, decine di persone sono state uccise in violenze di massa in seguito ad accuse (non provate, ndr) di blasfemia”. Inoltre, prosegue il testo, “le persone che muovono accuse di blasfemia lo fanno spesso per motivi economici, come le mire per acquisire terreni di proprietà altrui. Sebbene i bersagli delle accuse di blasfemia e della violenza fomentata dalla legge appartengano a tutti i gruppi socio-economici e religiosi in Pakistan, la maggior parte delle vittime proviene da gruppi emarginati”.Costoro, per motivi economici, non riescono ad avere una buona difesa legale: “Un pregiudizio radicato nel sistema giudiziario penale del Pakistan – spiega il rapporto di HRW – si traduce in errori giudiziari nei confronti di persone accusate di blasfemia. Le autorità non assicurano quasi mai alla giustizia quanti commettono violenze in nome della blasfemia, mentre coloro che sono accusati in base a leggi discriminatorie – generalmente senza prove – subiscono lunghi periodi di detenzione preventiva, mancanza di un giusto processo e processi iniqui che possono comportare anni di reclusione”.(PA) (Agenzia Fides 14/7/2025)
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