Source: The Holy See in Italian
Castel Gandolfo – Agenzia Fides) – La Chiesa di Cristo « vive nelle sue fragili membra, ringiovanisce grazie al loro Magnificat». Anche oggi «le comunità cristiane povere e perseguitate, i testimoni della tenerezza e del perdono nei luoghi di conflitto, gli operatori di pace e i costruttori di ponti in un mondo a pezzi» sono la gioia della Chiesa, sono la sua permanente fecondità, le primizie del Regno che viene». Lo ha ricordato Papa Leone, nell’omelia pronunciata oggi, Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, durante la Celebrazione liturgica da lui presieduta nella Parrocchia Pontificia di San Tommaso da Villanova in Castel Gandolfo.In Maria di Nazaret – ha sottolineato il Vescovo di Roma nel giorno in cui la Chiesa celebra Nel giorno il cui la Chiesa celebra l’assunzione in cielo della Madre di Dio «c’è la nostra storia, la storia della Chiesa immersa nella comune umanità».Maria, testimone della Resurrezione di suo Figlio, ha visto sulla croce Gesù pronunciare liberamente il “sì”che «doveva svuotare di potere la morte, quella morte che ancora dilaga quando le nostre mani crocifiggono e i nostri cuori sono prigionieri della paura, della diffidenza». Maria – ha ricordato il Pontefice – era ai piedi della croce, «unita al Figlio. Possiamo oggi intuire – ha proseguito Papa Prevost – che Maria siamo noi quando non fuggiamo, siamo noi quando rispondiamo col nostro “sì” al suo “sì”. Nei martiri del nostro tempo, nei testimoni di fede e di giustizia, di mitezza e di pace, quel “sì” vive ancora e ancora contrasta la morte».Nella solenne liturgia del giorno, il Vangelo di Luca ripropone l’episodio della Visitazione di Maria alla cugine Elisabetta. Un «momento cruciale» della sua vocazione, che la liturgia ripropone proprio nel giorno in cui si celebra «il traguardo» della sua esistenza terrena. «Ogni storia, anche quella della Madre di Dio – ha notato Papa Leone – sulla terra è breve e finisce. Nulla però va disperso». Il Canto del Magnificat, che il Vangelo pone sulle labbra della giovane Maria, «ora sprigiona la luce di tutti i suoi giorni. Un singolo giorno, quello dell’incontro con la cugina Elisabetta, contiene il segreto di ogni altro giorno, di ogni altra stagione. E le parole non bastano: occorre un canto, che nella Chiesa continua a essere cantato, «di generazione in generazione»In questo modo – ha proseguito il Pontefice – «la Risurrezione entra anche oggi nel nostro mondo». Le parole e le scelte di morte sembrano prevalere, ma la vita di Dio interrompe la disperazione attraverso concrete esperienze di fraternità, attraverso nuovi gesti di solidarietà».Infatti la Resurrezione, prima di «essere il nostro destino ultimo» ha rimarcato il Vescovo di Roma «modifica – anima e corpo – il nostro abitare la terra». Per la forza della Resurrezione di Cristo, proprio «gli umili, gli affamati, i servi operosi di Dio» possono vedere già sulla terra i prodigi che la Vergine Maria canta proprio nel Magnificat: potenti rovesciati dai troni, ricchi a mani vuote, le promesse di Dio realizzate. «Si tratta di esperienze che, in ogni comunità cristiana» ha rimarcato il Successore di Pietro « dobbiamo tutti poter dire di aver vissuto. Sembrano impossibili, ma la Parola di Dio ancora viene alla luce. Quando nascono i legami con cui opponiamo al male il bene, alla morte la vita, allora vediamo che nulla è impossibile con Dio».Invece, a volte, «dove prevalgono le sicurezze umane, un certo benessere materiale e quella rilassatezza che addormenta le coscienze, questa fede può invecchiare. Allora» ha proseguito il Pontefice «subentra la morte, nelle forme della rassegnazione e del lamento, della nostalgia e dell’insicurezza. Invece di vedere il mondo vecchio finire, se ne cerca ancora il soccorso: il soccorso dei ricchi, dei potenti, che in genere si accompagna al disprezzo dei poveri e degli umili». Invece «La Chiesa vive davvero «nelle sue fragili membra, ringiovanisce grazie al loro Magnificat. Anche oggi le comunità cristiane povere e perseguitate, i testimoni della tenerezza e del perdono nei luoghi di conflitto, gli operatori di pace e i costruttori di ponti in un mondo a pezzi sono la gioia della Chiesa, sono la sua permanente fecondità, le primizie del Regno che viene».Per questo – ha suggerito Papa Leone – «in Maria, assunta in Cielo, abbiamo ragione di vedere il nostro destino. Lei ci è donata come il segno che la Risurrezione di Gesù non è stata un caso isolato, un’eccezione. Tutti, in Cristo, possiamo inghiottire la morte». La vittoria sulla morte rimane certo «un’opera di Dio, non nostra. Tuttavia, Maria è quell’intreccio di grazia e libertà che sospinge ognuno di noi alla fiducia, al coraggio, al coinvolgimento nella vita di un popolo».Nella vita di ognuno ci sono certo tante voci «sempre lì a sussurrarci: “Chi te lo fa fare? Lascia perdere! Pensa ai tuoi interessi”». E queste «sono voci di morte. Noi invece» ha concluso il Vescovo di Roma «siamo discepoli di Cristo. È il suo amore che ci spinge, anima e corpo, nel nostro tempo. Come singoli e come Chiesa noi non viviamo più per noi stessi. È proprio questo – e solo questo – a diffondere la vita e a far prevalere la vita. La nostra vittoria sulla morte inizia fin da ora». (GV) (Agenzia Fides 15/8/2025)
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