Convocazione del Consiglio dei Ministri n. 146

Source: Government of Italy

16 Ottobre 2025

Il Consiglio dei ministri è convocato domani, venerdì 17 ottobre 2025, alle ore 11.00 a Palazzo
Chigi, per l’esame del seguente ordine del giorno:

  • SCHEMA DI DISEGNO DI LEGGE: Bilancio di previsione dello Stato per I’anno finanziario 2026 e bilancio pluriennale per il triennio 2026-2028 (ECONOMIA E FINANZE);
  • LEGGI REGIONALI;
  • VARIE ED EVENTUALI.

61° Congresso Nazionale del Notariato, l’intervento del Sottosegretario Mantovano

Source: Government of Italy

Signor Presidente, signore e signori notai,
ringrazio molto per l’invito al vostro 61° Congresso Nazionale.
Venire da voi per me non è soltanto una gradevole consuetudine: è un’occasione di approfondimento e di confronto, tanto più quando la riflessione avviene su un argomento di tale rilievo quale è la riforma del diritto di famiglia, 50 anni dopo il suo varo.
Il tema si inserisce nel più ampio dibattito sul rapporto fra autonomia negoziale e valori familiari, e quindi sul rapporto fra legge e contratto nel diritto di famiglia.
Poiché i rapporti intrafamiliari toccano il cuore della persona, con le sue caratteristiche uniche e con le sue fragilità, individuare l’equilibrio fra l’intervento legislativo e la sistemazione privatistica non è semplice.
Il punto di riferimento è la nostra Costituzione.
Proprio perché nel titolo del vostro Congresso si fa riferimento alle “radici”, esse non possono non essere trovate, sul piano giuridico, nella nostra carta fondamentale. Quando l’articolo 29 parla di “famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” non afferma qualcosa di vetusto o peggio di qualcosa privo di contenuti perché svuotato dal modificarsi del costume. 
Al contrario, intanto riconosce uno spazio di autonomia ontologica della famiglia, sulla quale né il legislatore, né il potere pubblico, né la società in ogni sua articolazione possono e devono interferire. In un intervento svolto nel corso dell’Assemblea costituente, Costantino Mortati sottolineò come con questa formula la Costituzione “assegna all’istituto familiare una sua autonomia originaria, destinata a circoscrivere i poteri del futuro legislatore in ordine alla sua regolamentazione”. 
Alla stregua di quest’insegnamento, credo che sia prudente guardarsi da quell’ansia di regolamentazione che spinge a invocare norme di legge per dare seguito generale e astratto a ogni tipologia di desideri, spesso più mediatici che reali.
Credo che sia altresì prudente guardarsi, in assenza di un intervento legislativo, dalla fantasia di certa giurisprudenza, che ha esordito a suo tempo autodefinendosi costituzionalmente orientata, poi si è detta convenzionalmente orientata, ma di cui spesso sperimentiamo che è soltanto ideologicamente orientata.
Il creazionismo giudiziario ha un profilo generale di inopportunità.
Lo ha ancora di più per il diritto di famiglia. Intanto perché invade gli spazi regolatori del Parlamento. Ma prima ancora perché, con la definizione dell’art. 29, se la Costituzione limita gli interventi del legislatore al minimo indispensabile, non si è posta neanche il problema di ammettere interventi giurisprudenziali fantasiosi, in una materia che più di altre esige stabilità e certezza degli istituti giuridici coinvolti: taluni dei quali non con mezzo secolo, come è per la riforma del 1975, ma con millenni di tradizione alle spalle. 
Che non tutto debba essere oggetto di regolamentazione in materia di rapporti familiari non significa che niente debba esserlo, e che la famiglia debba vagare in una sorta di “anomìa”. 
L’ordinamento giuridico assegna alla legge il compito di garantire nelle relazioni familiari il rispetto di valori di rilievo costituzionale primario: l’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, il miglior interesse dei minori, non come lo intendono altri ordinamenti che in nome del “best interest” hanno realizzato interventi di cui non posso o certo andare orgogliosi, la protezione della maternità e dell’infanzia, il sostegno alla formazione delle famiglie e allo svolgimento dei loro compiti.
Il secondo tema del vostro Congresso – i nuovi bisogni delle famiglie -, si correla al primo, quello delle radici. L’ambito dei bisogni “giuridici” delle famiglie vede nel notaio, quale professionista dell’autonomia privata, un importante punto di riferimento. 
Il vostro ruolo è decisivo anzitutto perché interviene nei momenti cruciali della gestione dei diritti patrimoniali, come ricordato dal Presidente Meloni nel suo intervento di saluto. Penso all’acquisto della casa di abitazione, snodo fondamentale per la formazione famiglia. Per questo il Governo ha, fin dall’inizio, posto particolare attenzione al tema, facilitando l’accesso al mutuo per l’acquisto della prima casa da parte dei giovani e delle famiglie numerose. Tutti dobbiamo essere grati ai notai per le attività di consulenza giuridica e per le attente verifiche, che quotidianamente compiono a garanzia della certezza dei trasferimenti immobiliari, con ricadute sulla serenità e sulla sicurezza per le famiglie, compiti che non è né delegabile né sostituibile da parte di altri.
Analoga centralità vi è sul fronte della protezione del patrimonio e della pianificazione dei passaggi generazionali. Istituti come il fondo patrimoniale, il patto di famiglia, il trust “dopo di noi” vedono nei notai quei professionisti che assicurano che gli interessi della famiglia siano realizzati in modo efficace, certo e sicuro, e nel rispetto dei principi di ordine pubblico.
Un cenno in conclusione all’intelligenza artificiale, in qualche modo sollecitato dall’intervento e dalla relazione del vostro Presidente.
Il Governo ha varato un disegno di legge che poi ha conosciuto un vaglio parlamentare molto attento, frutto del confronto tra tutte le forze politiche.
Noi non ci siamo accontentati del mero recepimento della direttiva europea. Abbiamo cercato, senza andare in contrasto con la normativa europea, di fissare dei principi. Non solo: non consideriamo questa normativa il punto d’arrivo, ma il punto di partenza per un lavoro che dobbiamo fare insieme, anzitutto con gli ordini professionali, e che deve avere carattere continuativo come è continuativa la modifica di ciò che ci viene offerto dal mercato. Questo per evitare una deriva tecnicistica che talora si pone al confine della disumanità.
Leggevo una riflessione di un sacerdote, il quale a proposito della differenza tra l’intelligenza dell’uomo e l’intelligenza artificiale, diceva che una delle differenze più importanti, per lui fondamentali, è che l’intelligenza dell’uomo è capace di cogliere la necessità o l’opportunità del perdono. La macchina non ha questa capacità, non riesce mai a perdonare. Se sostituiamo la categoria del perdono con quella della responsabilità arriviamo allo stesso risultato, posto che non c’è separazione tra perdono e responsabilità. Sono categorie impegnative, in particolare quella della responsabilità per la vostra professione, che si ricollegano al tema delle radici.
Noi siamo stretti tra una normativa europea, la sollecitazione del mercato e ciò che viene dall’altra sponda dell’Atlantico, quindi l’ansia di mantenere una assenza totale di regole.
Tra l’assenza di regole e l’iperregolamentazione troviamo, anche in questo caso, una via tutta italiana che non che può incontrare sul suo percorso, come già avvenuto, gli ordini professionali e in particolare il vostro.
Di questo, come Governo, vi siamo profondamente grati.
 

AMERICA/PERU – “Somos Agua, Somos Vida, Somos Esperanza”: vertice storico della Chiesa Cattolica in difesa dell’acqua in Amazzonia

Source: The Holy See in Italian

giovedì, 16 ottobre 2025

Iquitos (Agenzia Fides) – Oltre 400 delegati si sono riuniti tre giorni a Iquitos, la città più grande dell’Amazzonia peruviana, per il Vertice sull’Acqua dell’Amazzonia dove hanno discusso in difesa dell’acqua come diritto umano fondamentale e bene comune.Diverse comunità, tra cui popolazioni indigene, comunità contadine, quilombolas, organizzazioni sociali, leader religiosi e rappresentanti della società civile, provenienti da 10 paesi e 14 regioni del Perù, hanno dibattuto in un clima di interculturalità e solidarietà, all’insegna del motto “Siamo acqua, siamo vita, siamo speranza”, in linea all’appello per il diritto all’acqua, attingendo a documenti chiave come Querida Amazonìa, Laudato Si e Laudate Deum.E’ stato un evento ricco di simbolismo e impegno per la difesa dei fiumi amazzonici, sotto la guida della Vicaria dell’Acqua del Vicariato Apostolico di Iquitos.Sono state affrontate problematiche come l’estrazione mineraria, la deforestazione e il crescente inquinamento, oltre alla resilienza dei popoli indigeni e delle comunità religiose nella difesa della vita. E’ stato evidenziato il paradosso della mancanza di acqua potabile in una regione amazzonica ricca di acqua dolce. “I governi stanno attuando diffuse politiche di sterminio”, ha affermato Carlos Castillo, arcivescovo di Lima, dicendo che ogni giorno si registra una crescente protesta umana. Il presule ha inoltre riportato la testimonianza di un leader indigeno sull’avvelenamento sistematico subito dalle popolazioni a causa delle fuoriuscite di petrolio. In risposta a questa situazione, Castillo ha fatto appello alla trasformazione e alla rinascita della popolazione.”Sono venute molte persone che desiderano preservare questo bioma cos↓ importante per il pianeta, offrendo la loro speranza, la loro vita, le loro energie al servizio di questo bene comune che è proprio l’Amazzonia – ha detto durante la messa conclusiva il vescovo di Iquitos, Miguel Angel Cadenas, principale organizzatore del summit. La Chiesa vuole ascoltare. Dobbiamo ascoltarci a vicenda per proporre una vita dignitosa per tutti”.Durante il vertice, sono state presentate toccanti testimonianze sull’impatto dell’inquinamento sui fiumi. I partecipanti hanno ribadito che l’acqua è un dono sacro e si sono impegnati a proteggerla per garantire l’armonia degli ecosistemi amazzonici e dei loro abitanti, umani e non umani. Tra i partecipanti, il cardinale Pedro Barreto ha sottolineato che la Chiesa cattolica è sempre stata una paladina della creazione di Dio. “Da 11 anni lavoriamo in una rete ecclesiale panamazzonica. Abbiamo una conferenza ecclesiale che comprende tutti i nove paesi amazzonici. C’è uno sforzo congiunto della Chiesa per coordinarsi non solo all’interno degli ambiti strettamente ecclesiali, ma anche con il mondo imprenditoriale e sociale.”La dichiarazione finale del vertice denuncia la crisi ambientale e sociale che minaccia la vita e l’equilibrio territoriale, evidenziando problemi come l’attività mineraria, lo sfruttamento petrolifero, il narcotraffico e l’estrattivismo, che aumentano l’inquinamento e il cambiamento climatico. L’indifferenza dei governi e le politiche distruttive aggravano la situazione, collegandola alla criminalità organizzata.Al termine della Messa di chiusura, il Vicariato di Puerto Maldonado ha accettato la sfida di ospitare il secondo Summit sull’Acqua in Amazzonia, in una data ancora da definire.(AP) (Agenzia Fides 16/10/2025)
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AFRICA/MADAGASCAR – “Si è sfiorata la guerra civile” in Madagascar dove domani si insedia come Presidente il capo dei militari golpisti

Source: The Holy See in Italian

Antananarivo (Agenzia Fides) – “Sabato 11 ottobre si è rischiata la guerra civile” dicono all’Agenzia Fides fonti della Chiesa del Madagascar dove ieri, 15 ottobre il colonnello Michael Randrianirina capo del CAPSAT (Corps pour la Orotection des Institutions), l’unità militare che si è ribellata contro il Presidente Andry Rajoelina, ha annunciato che venerdì 17 ottobre verrà insediato come Capo dello Stato provvisorio.Le nostre fonti ricostituiscono così gli avvenimenti degli ultimi giorni che hanno portato alla fuga del Presidente e alla presa di potere del colonnello“Quando i militari del CAPSAT (Corps pour la Protection des Institutions) hanno deciso di ammutinarsi e di scendere in strada per difendere i dimostranti si è veramente temuto il peggio. I soldati si sono diretti verso la piazza del 13 maggio, luogo simbolo della capitale e dove si sono sempre tenute le dimostrazioni più importanti del Madagascar. Sono quindi venuti a contatto con i gendarmi che difendevano il palazzo presidenziale. Ci sono stati alcuni colpi di armi da fuoco e almeno un soldato è stato ucciso. Poi all’improvviso i gendarmi si sono ritirati permettendo ai soldati di entrare nella piazza”.“Occorre ricordare- aggiungono le fonti di Fides- che proprio l’11 ottobre Papa Leone XIV aveva guidato la veglia di preghiera per la pace. E lo stesso giorno di Vescovi malgasci avevano indetto una giornata di preghiera e digiuno per la patria. Tra i soldati e i gendarmi vi sono diversi fedeli cattolici che potrebbero avere deciso di seguire la voce della loro coscienza e di evitare al Paese un bagno di sangue”. La situazione al momento si è calmata ma occorre pregare che tutte le parti trovino un accordo. La popolazione ha accolto con favore la presa del potere dei militari, le strade si sono riempite di persone in festa”.Dopo la partenza del Presidente Rajoelina dichiarato ora destituito dai militari, si apre una fase di incertezza. “Il colonello Randrianirina ha annunciato che sarà l’Alta Corte Costituzionale ha insediarlo domani come Presidente. Ma la Corte era stata dissolta dai militari solo pochi giorni fa (vedi 15/10/2025). Quindi si è creata una confusione istituzionale che non si sa come sarà risolta” sottolineano le fonti. Nel suo annuncio il colonello Randrianirina ha affermato che verrà insediato con il titolo di “Presidente per la Rifondazione della Repubblica del Madagascar”. Il titolo deriva dal suo programma che prevede una riforma costituzionale per poi procedere ad eleggere i rappresentanti delle nuove istituzioni.“La strada per uscire dalla crisi è lunga e i timori di nuove violenze non si sono del tutto dissolti” affermano le fonti. “Possiamo affermare che se l’11 ottobre c’era il 70 percento di probabilità dello scoppio di una guerra civile ora queste si sono ridotte al 15 percento”.Ieri l’Unione Africana ha annunciato di aver sospeso il Madagascar con effetto immediato dopo il colpo di Stato e ha chiesto il ripristino di un governo guidato dai civili e l’organizzazione di elezioni. (L.M.) (Agenzia Fides 16/10/2025)
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ASIA/FILIPPINE – La Chiesa pronta a “Dare speranza” alla gente colpita dal sisma: “Le strutture crollano, la fede resiste”, dice l’Arcivescovo Uy

Source: The Holy See in Italian

Cebu (Agenzia Fides) – La mobilitazione procede instancabile e la rete di aiuto della Caritas è sempre più efficace nel raggiungere gli sfollati e le persone isolate, dopo il sisma che 15 giorni fa ha colpito il nord dell’isola di Cebu. “Sebbene le strutture fisiche possano essere crollate, lo spirito di solidarietà e fede tra i cebuani rimane saldo. Grazie allo stretto coordinamento tra l’Arcidiocesi, il Governo locale e i partner civici, la popolazione del Nord di Cebu si sta lentamente rialzando da questa tragedia”, racconta all’Agenzia Fides Albert Uy, Arcivescovo di Cebu. “La strada verso la piena ripresa – rileva – è ancora lunga, ma con fede, compassione e azione collettiva, crediamo che Dio ci guiderà dalle rovine al rinnovamento. L’Arcidiocesi di Cebu rimane salda nella sua missione di portare speranza, ricostruire vite e restituire dignità a tutti i sopravvissuti al terremoto, dimostrando ancora una volta che la Chiesa non è solo un edificio, ma una famiglia di fede che resiste anche in mezzo alle macerie”.Dopo il terremoto, che ha provocato oltre 70 vittime e lo sfollamento di oltre 20.000 residenti, danneggiando gravemente Chiese storiche, case di riposo, scuole e strutture pubbliche, la Chiesa locale, attraverso la Caritas, le reti parrocchiali e le comunità religiose, ha immediatamente avviato una risposta di emergenza sotto il nome di “Hatag Paglaum”, cioè “Dare Speranza”.Riferisce l’Arcivescovo: “Siamo partiti dal condurre visite sul campo, che sono state in primis visite pastorali, cioè per dare consolazione, e poi per organizzare aiuti umanitari nei comuni colpiti. Abbiamo incontrato funzionari locali, sacerdoti e residenti per valutare la situazione e ascoltare le storie di coloro che stanno soffrendo e che ora si apprestano a ricostruire le proprie vite, a partire dalla propria casa”, rileva. .L’Arcivescovo, che si è recato personalmente nell’area, racconta di aver visto “danni in alcune zone residenziali, in particolare nelle aree centrali. Molte famiglie continuano a vivere in spazi aperti e rifugi temporanei, temendo ulteriori crolli dovuti alle scosse di assestamento”.Ora, dopo gli interventi delle forze dell’ordine e dei soccorritori “le strade principali che conducono alle città colpite sono generalmente percorribili, dunque è più facile la distribuzione degli aiuti, come la mobilità delle squadre di soccorso”, prosegue. E, nonostante la paura e l’incertezza esistente, le attività quotidiane stanno gradualmente riprendendo: “Mercati pubblici, banche e fornitori di servizi finanziari hanno riaperto. I piccoli commercianti hanno ripreso l’attività utilizzando bancarelle improvvisate o spazi aperti come postazioni di lavoro temporanee. E’ un buon segno di ripresa”, annota mons. Uy.”Ben presto – dice – molte parrocchie dell’arcidiocesi hanno organizzato raccolte di aiuti, raccogliendo pacchi alimentari, acqua, riso, articoli da toeletta e vestiti, che sono stati distribuiti nelle aree più colpite”. “Abbiamo lanciato – riferisce – la campagna ‘Adotta una parrocchia’, che ha unito le parrocchie meno colpite di Cebu City e del sud di Cebu con le parrocchie devastate del nord per garantire un supporto costante, un accompagnamento e uno spirito di comunione ecclesiale”. Inoltre “sacerdoti, seminaristi e volontari laici hanno preso parte alle operazioni di preparazione e trasporto di beni di prima necessità, assistiti dalla Commissione diocesana per l’Azione Sociale”. Lo stesso hanno fatto i centri giovanili e gli studenti”.Oltre agli aiuti materiali, i sacerdoti delle parrocchie colpite continuano a celebrare l’Eucaristia, le confessioni e a pregare con la gente “portando conforto, forza e unità”, racconta: “Ascoltano i sopravvissuti, benedicono le comunità e assicurano loro la presenza e la compassione durature della Chiesa”. “Nonostante le difficoltà, la fede e la speranza della gente in un Dio amorevole rimangono forti, un vero riflesso della resilienza cebuana radicata nella fede”.Non è stato leggero l’impatto sulle strutture ecclesiali: “Cinque antiche chiese storiche, preziosi simboli di fede e cultura, hanno subito gravi danni strutturali, insieme a diverse chiese parrocchiali più piccole e moderne. Crepe, crolli di muri e campanili crollati hanno reso molti di questi spazi sacri insicuri per il culto”, riferisce l’Arcivescovo .Tuttavia; “di fronte a queste perdite, la fede della gente rimane salda. Le comunità parrocchiali hanno allestito cappelle e tende improvvisate, dove si celebrano messe, liturgie e incontri all’aperto. La vista dei fedeli che pregano sotto il sole e la pioggia, circondati dalle rovine delle loro chiese, è allo stesso tempo straziante e profondamente ispiratrice: una testimonianza vivente che, mentre i templi di pietra possono crollare, la Chiesa dalla fede viva resiste”.Mons. Albert Uy, che compirà 59 anni il 18 ottobre, ha annunciato che andrà nelle zone colpite dal sisma per festeggiare il suo compleanno con gli sfollati. E ha esortato i fedeli a continuare a pregare e a donare aiuti alle vittime.(PA) (Agenzia Fides 16/10/2025)
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Comunicato del Governo del 16 ottobre 2025

Source: Switzerland – Canton Government of Grisons in Italian

Il Governo ha approvato le misure immediate di protezione contro la caduta di massi «LV/HB Pisciadell» dell’UT già attuate nel Comune di Poschiavo allo scopo di aumentare o ripristinare il livello di sicurezza per gli utenti della strada cantonale. Per questo progetto, ha concesso un sussidio secondo l’accordo programmatico NPC con la Confederazione nel settore «pericoli naturali gravitativi bosco». Per i costi preventivati pari a 2,1 milioni di franchi, il Governo ha concesso un sussidio cantonale di al massimo 840 000 franchi e ha deciso un contributo federale di al massimo 735 000 franchi.

Nel 2023 forti precipitazioni a sud dell’insediamento Pisciadell hanno provocato cadute di massi dalla zona marginale di un grande cedimento il cui materiale, tramite un canale, ha raggiunto la strada causandone l’interruzione per oltre due settimane. Poiché questo evento ha messo in pericolo il traffico e per evitare un’ulteriore estensione dei danni è stato necessario adottare immediatamente le necessarie misure di messa in sicurezza. Queste ultime comprendevano lo sgombero del canale della frana nonché la realizzazione di opere di protezione provvisorie come palizzate, reti, barriere di ritenzione contro la caduta di massi e un drenaggio temporaneo. In seguito si è proceduto a stabilizzare i punti di distacco tramite reti e diverse parti di roccia tramite ancoraggi e reti di sicurezza, prima che tra la primavera e l’estate 2024 sia stato possibile procedere alla posa di barriere di protezione permanenti contro la caduta di massi. Quale messa in sicurezza a lungo termine, nel 2025 sono stati realizzati ripari antivalanghe e contro lo slittamento della neve, e si è proceduto al rimboschimento del canale della frana. L’ampliamento del drenaggio provvisorio affinché diventi un sistema permanente è previsto per il 2026.

Informazioni: Dipartimento infrastrutture, energia e mobilità

Il Sottosegretario Mantovano al Quirinale per il Centenario dell’Intelligence

Source: Government of Italy

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e Autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, questo pomeriggio è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Palazzo del Quirinale insieme ad una rappresentanza dell’Intelligence italiana in occasione del Centenario della nascita del primo Servizio di intelligence nazionale.

Erano presenti il Direttore generale del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (Dis), Vittorio Rizzi, il Direttore dell’Agenzia per le Informazioni e la Sicurezza Esterna (Aise), Giovanni Caravelli, e il Direttore dell’Agenzia per le Informazioni e la Sicurezza Interna (Aisi), Bruno Valensise. 

***

Il testo dell’intervento del Sottosegretario Mantovano

Signor Presidente della Repubblica, autorità tutte, signore e signori,

nell’ultimo “Rapporto Italia”, che Eurispes ha pubblicato pochi mesi fa, l’intelligence risulta tra le istituzioni che ispirano maggiore fiducia nei cittadini: raccoglie il 67% di apprezzamento, con un sensibile aumento rispetto al 2024, a conferma di una percezione dei Servizi come una forza positiva, vicina, al servizio della comunità nazionale.

Questi dati sono sorprendenti per chi – è il mio caso – ha qualche anno di troppo, e ricorda la considerazione riservata nei decenni scorsi ai nostri organismi informativi.

È segno degli sforzi compiuti in questi cento anni dall’intelligence italiana, che è nata durante il Fascismo, ma è divenuta nel tempo uno dei principali strumenti a difesa della democrazia e delle libertà.

Questi sforzi sono andati di pari passo con assetti normativi sempre più definiti, a partire dalla legge n. 801/1977, e quindi dalla riforma del 2007, la legge n. 124. A quest’ultima si deve il miglioramento dell’operatività dei Servizi, posti sotto la responsabilità unitaria del Presidente del Consiglio, e un innalzamento dei presidi di legalità nell’azione dei servizi e dell’efficacia del controllo democratico sulla loro attività. Penso al rafforzamento del ruolo del Comitato parlamentare di controllo, con l’attribuzione ex lege della Presidenza a un esponente delle forze politiche di opposizione: è un caso unico nel panorama delle grandi nazioni, all’introduzione della disciplina organica del segreto di Stato, di cui sono state regolate le condizioni di azionabilità e i termini di validità, alla disciplina delle garanzie funzionali, che offre agli agenti possibilità operative con strumenti di eccezione, ma all’interno di una cornice di assoluta legalità.

Oltre a questo, la legge di riforma ha avviato un cambiamento culturale: ha adeguato ai tempi la categoria della “sicurezza nazionale”, ricomprendendovi ambiti come quello economico, scientifico e industriale; ha aperto al reclutamento su base concorsuale da bacini nuovi, come quelli delle professioni, delle imprese e delle università; ha istituito una Scuola di Formazione unitaria, collaborando col mondo accademico, il che ha migliorato la qualità degli insegnamenti e la diffusione nel mondo della ricerca  di una sensibilità comune per gli interessi strategici nazionali.

Ancora più a monte, la traiettoria di questi cento anni è stata definita, giorno dopo giorno, dal lavoro svolto dall’invisibile schiera di donne e uomini che hanno definito l’anima dei nostri apparati di sicurezza.

A partire dal primo direttore del SIM, il colonnello Attilio Vigevano, che con lungimiranza puntò alla formazione degli agenti nel campo delle tecnologie più innovative, come la crittografia, e che – tra notevoli resistenze – si spese per l’unificazione dei servizi informativi delle diverse Forze Armate.

Decisivo è stato il coraggio di quelle donne e quegli uomini dell’intelligence che, nei momenti più bui, hanno saputo restare fedeli al senso più profondo del loro giuramento allo Stato, continuando a perseguire i valori più alti a rischio – a volte al prezzo – della loro vita.

Penso agli agenti del SIM che morirono per liberare l’Italia tra il ’43 e il ’45: gli archivi dell’AISE contengono pagine emozionanti di quelle vite spezzate per la nostra libertà. In questa giornata così speciale, non possiamo dimenticare la forte spinta etica impressa alla nostra intelligence dai suoi Caduti, ricordati nella “Parete della Memoria” di Palazzo Dante: Vincenzo Li Causi, ucciso in Somalia nel 1993; Nicola Calipari, colpito a morte in Iraq nel 2005; Lorenzo D’Auria, morto nel 2007 in Afghanistan; Pietro Antonio Colazzo, ucciso a Kabul nel 2010; Tiziana Barnòbi e Claudio Alonzi, morti nell’incidente sul lago Maggiore nel 2023. Tra i Caduti, quest’anno è stato formalmente aggiunto anche Ànano Bòrreo, morto nello schianto di Argo16, avvenuto a Porto Marghera nel 1973.

Questo patrimonio immateriale – fatto di principi, di regole, di storie, di esempi – costituisce un’eredità viva, che continua ad animare, ogni giorno, l’azione dei nostri agenti, dando forma allo stile inconfondibile della nostra intelligence.

Ne costituisce prova tangibile l’equilibrio con cui i nostri Servizi sono riusciti a mantenere alti livelli di sicurezza anche nei momenti più difficili. Per restare agli ultimi 24 mesi, basterà richiamare alla mente i numerosi appuntamenti del G7 a guida italiana, tenuti lo scorso anno su tutto il territorio nazionale, oppure, in quest’anno giubilare, agli eventi che hanno raccolto a Roma e in Vaticano, per due volte in pochi giorni, i grandi della Terra. Il tutto in un contesto reso più rischioso dalla recrudescenza del terrorismo di matrice islamica e del radicalismo politico.

All’estero, lo stile dei nostri Servizi ha reso possibile un modo tutto italiano di essere presenti nei teatri di crisi. Penso all’Ucraina, dove anche grazie alla nostra intelligence l’Italia ha riattivato la fornitura di energia elettrica per migliaia di persone, attraverso i numerosi generatori che è riuscita a raccogliere e a consegnare.

Penso a Gaza, dove il lavoro dei nostri agenti ha permesso, oltre che di ricevere un flusso di informazioni accurate dal campo, di cooperare per salvare centinaia di palestinesi, molti dei quali bambini, affidati alle cure dei nostri ospedali pediatrici di eccellenza.

Il “timbro” italiano nell’attività di intelligence si sta rivelando decisivo in Africa, dove la presenza italiana – proprio grazie al lavoro dei nostri Servizi – è sempre più punto di riferimento nei rapporti tra le singole Nazioni di quel continente e l’Occidente. 

Sig. Presidente, La ringrazio veramente, a nome del Governo e mio personale, per l’onore che Ella ha voluto riservare all’intelligence italiana, accogliendola nel Palazzo del Quirinale in occasione del centenario della sua istituzione ufficiale.

È un onore grande, che rende ragione delle parole che nel 1946 il Tenente Colonnello Giuseppe Massaioli, ufficiale dell’allora SIM, scrisse in una direttiva, che reimpostava i fondamentali dell’attività di controspionaggio alla luce dei nuovi ideali che avrebbero animato da lì a poco la rinascita dell’Italia.

Egli chiudeva il documento esprimendo la “viva aspirazione (…) di ricondurre il servizio nella scia della migliore tradizione; di spogliarlo (…) di tutte le incrostazioni (…); dargli in definitiva una chiara fisionomia di organismo italiano che lavora ed opera solamente per il bene della Patria”.

Questo auspicio negli anni a seguire avrebbe incontrato non pochi ostacoli. Ma, a distanza di un secolo dalla formale costituzione dell’intelligence italiana, quell’aspirazione è riuscita a trovare concretizzazione, e ha dato vita a un sistema di alto livello, apprezzato dai cittadini e rispettato nel mondo.

Il Governo e la comunità dell’intelligence sono impegnati a proseguire con decisione lungo questa rotta. Per tutelare la sicurezza della nostra nazione e per concorrere alla costruzione di un mondo più libero, più giusto e – soprattutto oggi – più pacificato.

Gestione delle emergenze e ricostruzione della Striscia di Gaza, riunione operativa a Palazzo Chigi

Source: Government of Italy

In seguito alla firma dell’accordo di pace per il Medio Oriente, l’Italia ha prontamente avviato un’azione coordinata per elaborare una strategia efficace destinata alla gestione delle emergenze e la ricostruzione della Striscia di Gaza. L’obiettivo è identificare gli interventi più urgenti e realizzabili nel breve termine con particolare attenzione al sostegno umanitario e sanitario, sviluppando al contempo un piano organico e sinergico tra tutte le istituzioni e i soggetti coinvolti.

Su indicazione del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, è stata convocata una riunione operativa a Palazzo Chigi con i Ministeri competenti e gli attori istituzionali interessati al processo, al fine di promuovere un’azione congiunta e ottimizzare gli sforzi per conseguire concreti risultati in tutti i settori: sanità, istruzione, agricoltura, sicurezza e intelligence.

L’incontro, presieduto dal Vicepresidente del Consiglio e Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani, ha confermato l’impegno dell’Italia nel contribuire alla ricostruzione di Gaza e nel rilanciare un processo politico orientato verso un quadro di pace, sicurezza e stabilità in Medio Oriente.

Durante la riunione, sono stati esaminati i progressi già compiuti, in particolare nel settore umanitario, sono stati confermati gli impegni relativi all’iniziativa ‘Food for Gaza’, ai piani sanitari, all’istruzione e alla formazione. È stato altresì sottolineato l’intento di proseguire con la cooperazione allo sviluppo, coinvolgendo anche il settore privato.

La task force tornerà a riunirsi nelle prossime settimane e all’occorrenza sarà allargata anche agli altri Ministeri e alle altre istituzioni coinvolte. 

Alla riunione hanno partecipato i Ministri dell’Università e la Ricerca Anna Maria Bernini, della Salute Orazio Schillaci, della Protezione civile e le Politiche del Mare Nello Musumeci, dell’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste Francesco Lollobrigida, per gli Affari Regionali  e le Autonomie, Roberto Calderoli, per le Disabilità Alessandra Locatelli, e rappresentanti dei Ministeri della Difesa (il Capo di Stato Maggiore della Difesa Generale Luciano Portolano), dell’Istruzione, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano e i vertici dell’intelligence.

MISSIONARI COREANI NEL MONDO/1 – Celebrare “el Señor de los Milagros” tra i villaggi peruviani di Cusco

Source: The Holy See in Italian

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di Pascale RizkQuehue (Agenzia Fides) – “Quando giochi a pallone con i bambini a 4000 metri di altitudine, ti accorgi che fare il missionario è anche misurare i propri limiti fisici…”.È fatta anche di questo l’esperienza vissuta dal sacerdote coreano Michele Kim, dell’arcidiocesi di Gwangju, nel distretto di Quehue, in Perù. La racconta rientrato a Roma per proseguire gli studi, dopo un’estate itinerante in visita ai connazionali missionari nei vari Paesi dell’America del Sud.Attualmente, sono 3 i missionari coreani al servizio di 3 parrocchie e 70 comunità sparse in tutta la regione montuosa di Cusco, in Perù, zona nota per le sue rovine Inca e l’architettura coloniale spagnola.Arrivato dall’isola di Jeju, in Corea del Sud, padre Francesco부재환 collabora con la Società di San Colombano per le Missioni Estere, in servizio nella parrocchia di Quehue, della diocesi di Sicuani. Racconta: “Il sogno di diventare missionario è nato quando, durante il seminario, sono andato in Cambogia per un anno di tirocinio missionario. All’epoca ho vissuto con sacerdoti e religiosi gesuiti, e sono rimasto molto colpito dal modo in cui vivevano con amore sincero insieme alla popolazione locale”. Ad oggi sono quattro anni che si trova in Perù, anni nei quali ha potuto conoscere le realtà di diverse parrocchie presenti nel territorio.A quanto riporta il Catholic Times (il giornale cattolico coreano più antico, fondato dalla diocesi di Daegu nel 1927), è stato esattamente 44 anni fa, l’11 ottobre del 1981 che “per la prima volta in 200 anni di vita della Chiesa cattolica in Corea, 4 sacerdoti sono stati inviati in missione in Guinea. La Società Missionaria Coreana, fondata per diffondere la Buona Novella alle nazioni, invia il suo primo sacerdote ordinato negli otto anni dalla sua fondazione, insieme a tre sacerdoti diocesani, affinché questo invio diventi un evento decisivo.”La Chiesa cattolica in Corea aveva iniziato a pensare alla missione ad extra nel 1975. Dopo la sua dimissione dalla diocesi di Busan e un soggiorno in Germania nel 1973, il vescovo Jae-seon Choi 최재선 fu chiamato nel 1974 dall’allora presidente della Conferenza episcopale coreana, il Cardinale Stefano Kim, e su invito del Prefetto di Propaganda Fide dell’epoca, Cardinal Agnelo Rossi, a presiedere sia la Commissione Episcopale per la Missione che l’Ufficio Nazionale della Pontificia Unione Unione Missionaria Pontificia sotto le Pontificie Opere Missionarie. Convinto del carattere missionario della Chiesa Universale, Choi ha lavorato assiduamente per stabilire la Korean Mission Society nella prospettiva di aiutare la Chiesa universale e ricompensare l’assistenza che la Chiesa coreana aveva ricevuto grazie al sostegno dei missionari stranieri.Insieme a due missionari “Fidei Donum” dalla diocesi di Suwon padre Enrico 차 e padre Lorenzo신, arrivato solo un mese fa, svolgono il loro servizio nelle varie parrocchie concentrandosi sulla celebrazione dei sacramenti, la liturgia e la ccura delle vocazioni. Le infrastrutture sociali, compresi i servizi sanitari, sono scarse in questa zona montuosa e remota del Perù. Inoltre, anche i servizi educativi sono carenti, per non parlare dei disagi causati dalle strade malmesse e dalla carenza di servizi elettrici. Nel loro operato “probabilmente la prima sollecitudine è quella di favorire la partecipazione della comunità alla messa domenicale” racconta padre Francesco.La Chiesa peruviana ai missionari coreani appare fortemente immersa nella cultura del popolo. La maggior parte delle persone frequenta la chiesa per partecipare alle Messe celebrate in occasione di eventi comunitari o familiari. Magari le persone non hanno un legame forte con la vita della comunità parrocchiale, ma “la devozione alla Madonna e ai santi è molto forte” spiega il missionario di Jeju.“Anche se non cercano certo di ‘trasmettere’ la cultura coreana, attraverso la loro presenza i missionari coreani offrono l’opportunità a queste realtà piccole di incontrare una cultura diversa”, racconta padre Michele Kim. Talvolta con i piatti coreani, talvolta con i ricchi pasti preparati per i sacerdoti, si generano occasioni di autentica e semplice “interazione culturale” tra missionari coreani e popolazione peruviana. Anche la messa viene celebrata dai missionari coreani in lingua Quechua, con una traduzione che è al vaglio dei Dicasteri competenti della Santa Sede. “La cultura incentrata sulla famiglia e sulla comunità locale ha la precedenza sul vissuto della fede e dell’insegnamento della Chiesa. Questo costituisce l’ambito in cui si svolge l’opera dei missionari, in particolare quelli coreani che attribuiscono grande importanza alla comunità di fede e alla “spiritualità dei martiri”, conclude don Michele che ha fatto l’esperienza di essere in missione nelle filippine da seminarista.La Chiesa peruviana ha designato ottobre come il mese “del Señor de los Milagros, o “Mes morado”, e per tutto il mese celebra il “Signore dei Miracoli” con i festeggiamenti ovunque nel Paese. Nella chiesa di Pachacamilla, nel centro storico di Lima, è conservato il dipinto di Gesù Cristo rimasto miracolosamente intatto dopo un terremoto nel 1655, che viene venerato in questa festa particolarmente il 18, il 19 e il 28 ottobre.(Agenzia Fides 15/10/2025)
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ASIA/PAKISTAN – Un prete in Pakistan: “Alleanza con l’Afganistan, non guerra, per sconfiggere il terrorismo”

Source: The Holy See in Italian

Archdiocese of Karachi

Karachi (Agenzia Fides) – “Il terrorismo è un problema che affligge entrambi gli stati, Pakistan e Afghanistan. E’ necessaria un’alleanza per sconfiggerlo insieme, non una ulteriore guerra. Guardiamo con dispiacere e con preoccupazione al nuovo conflitto al confine con l’Afghanistan, dopo le tensioni e gli scontri  con l’India, sul fronte del Kashmir. Non dobbiamo perdere di vista il bene primario per il nostro popolo e per i popoli vicini: la pace”,  dice all’Agenzia Fides don Mario Angelo Rodrigues, sacerdote dell’Arcidiocesi di Karachi, mentre si intensificano i combattimenti al confine tra Pakistan e Afghanistan. Il sacerdote, preside del prestigioso Istituto superiore cattolico St. Patrick a Karachi, che accoglie oltre 4.000 studenti, tra cristiani, musulmani e indù, ricorda che ” tra i nostri giovani continuiamo a parlare e a sensibilizzare sull’importanza di una cultura di pace”.  Inoltre, nota, “in un mondo lacerato da conflitti, le comunità cattoliche in Pakistan ogni domenica pregano intensamente per la pace rivolgono a Dio intenzioni di preghiera per la riconciliazione, sia tra  Pakistan India, sia tra Pakistan  Afganistan”.”In generale, però – puntualizza don Rodrigues –  nella nostra società la gente ha scarsa consapevolezza di queste dinamiche e di questi conflitti perchè, data la povertà diffusa, è occupata a pensare alla sopravvivenza , al sostentamento quotidiano. La prima urgenza è trovare il cibo per la propria famiglia”, ricorda.Oltre 10  civili afgani sono stati uccisi e oltre 100 sono rimasti feriti nella notte tra il 14 e il 15 ottobre mentre, lungo il confine condiviso, sono intensi i combattimenti tra Pakistan e Afghanistan, che vanno avanti dall’11 ottobre.Funzionari della sicurezza pakistani hanno accusato le truppe afghane di “fuoco immotivato” che è stato respinto a Kurram, un distretto della provincia pakistana di Khyber Pakhtunkhwa. L’esercito pakistano, hanno detto, ha ucciso nella notte 30 combattenti talebani afgani nella provincia afgana di Khost, e ha distrutto un grande centro di addestramento in Afghanistan, utilizzato dai talebani pakistani.L’Afghanistan ha affermato di aver ucciso 58 soldati pakistani in operazioni di rappresaglia per  “ripetute violazioni del territorio e dello spazio aereo afghano”. Il governo talebano a Kabul ha affermato che il Pakistan ha condotto attacchi nella provincia di Kandahar, al confine sud-occidentale del Pakistan, ma l’esercito pakistano ha affermato  che i combattimenti sono orchestrati dai talebani in Afghanistan.Gli scontri lungo il confine si erano interrotti temporaneamente, il 12 ottobre, dopo gli appelli di Arabia Saudita e Qatar, ma i valichi di frontiera rimasero chiusi. La ripresa dei combattimenti sottolinea la tensione tra i due Paesi.Il governo talebano accusa il Pakistan di aver iniziato il conflitto, effettuando attacchi aerei a Kabul e nell’Afghanistan orientale, violando la sovranità dello stato. I media statali pakistani hanno dichiarato che l’esercito ha preso di mira i nascondigli dei talebani pakistani, noti come “Tehreek-e-Taliban Pakistan” (TTP), un gruppo alleato dei talebani afgani.  Il Pakistan accusa il governo talebano di Kabul di ospitare e proteggere il TTP, che ha effettuato numerosi attentati all’interno del Pakistan. Kabul nega ogni addebito.Le relazioni tra i due paesi sono fredde da quando i talebani sono tornati al potere a Kabul nel 2021 e la tensione era latente anche nei mesi scorsi: oltre 500 persone (tra cui 311 soldati e 73 poliziotti) sono state uccise in diversi scontri tra gennaio e settembre 2025.(PA) (Agenzia Fides 15/10/2025)
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