AFRICA/TOGO – I Vescovi: “Uso sproporzionato della forza per reprime una manifestazione”

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Lomé (Agenzia Fides) – “Condanniamo vigorosamente le violenze inaccettabili e insopportabili, indipendentemente dalle sue origini, dai suoi autori o dalle sue giustificazioni”. Così i Vescovi del Togo prendono posizione sugli scontri avvenuti la scorsa settimana che hanno portato alla morte di almeno sette persone, alcune delle quali sono state ritrovate prive di vita nelle acque del lago e della laguna che si trovano nei pressi della capitale Lomé.Nella dichiarazione pubblicata il 30 giugno, firmata da Mons. Benoît Alowonou, Vescovo di Kpalimé e Presidente della Conferenza episcopale togolese si afferma che “è semplicemente inaccettabile l’uso così sproporzionato della forza per reprime una manifestazione, sia pure illegale”. Il 27, 28 e 29 giugno migliaia di persone erano scese in strada a Lomé, per protestare per la riforma costituzionale che ha trasformato il Togo da Repubblica presidenziale ad una parlamentare (vedi Fides 16/4/2024). In questo modo Faure Gnassingbé, in carica dal 2005 dopo la morte del padre e predecessore alla presidenza, Gnassingbé Eyadéma, ha potuto rimanere al potere non più come Capo dello Stato ma come Primo Ministro. Faure Gnassingbé, ha prestato giuramento a maggio come Presidente del Consiglio dei ministri. Questa carica non ha limiti di mandato ufficiali e Faure Gnassingbé può essere quindi rieletto dal Parlamento a tempo indeterminato.“Ci inchiniamo con rispetto alla memoria di tutti i compatrioti che sono stati uccisi in queste ondate di violenza e presentiamo le nostre sincere condoglianze alle loro famiglie” scrivono i Vescovi che invitano “gli attori politici, le Forze di Difesa e Sicurezza e gli opinion leader a dimostrare responsabilità, moderazione e sincero impegno nella costruzione del nostro Paese”. (L.M.) (Agenzia Fides 2/7/20259
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AFRICA/TOGO – I Vescovi: “Uso disproporzionato della forza per reprime una manifestazione”

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Lomé (Agenzia Fides) – “Condanniamo vigorosamente le violenze inaccettabili e insopportabili, indipendentemente dalle sue origini, dai suoi autori o dalle sue giustificazioni”. Così i Vescovi del Togo prendono posizione sugli scontri avvenuti la scorsa settimana che hanno portato alla morte di almeno sette persone, alcune delle quali sono state ritrovate prive di vita nelle acque del lago e della laguna che si trovano nei pressi della capitale Lomé.Nella dichiarazione pubblicata il 30 giugno, firmata da Mons. Benoît Alowonou, Vescovo di Kpalimé e Presidente della Conferenza episcopale togolese si afferma che “è semplicemente inaccettabile l’uso così disproporzionato della forza per reprime una manifestazione, sia pure illegale”. Il 27, 28 e 29 giugno migliaia di persone erano scese in strada a Lomé, per protestare per la riforma costituzionale che ha trasformato il Togo da Repubblica presidenziale ad una parlamentare (vedi Fides 16/4/2024). In questo modo Faure Gnassingbé, in carica dal 2005 dopo la morte del padre e predecessore alla presidenza, Gnassingbé Eyadéma, ha potuto rimanere al potere non più come Capo dello Stato ma come Primo Ministro. Faure Gnassingbé, ha prestato giuramento a maggio come Presidente del Consiglio dei ministri. Questa carica non ha limiti di mandato ufficiali e Faure Gnassingbé può essere quindi rieletto dal Parlamento a tempo indeterminato.“Ci inchiniamo con rispetto alla memoria di tutti i compatrioti che sono stati uccisi in queste ondate di violenza e presentiamo le nostre sincere condoglianze alle lor famiglie” scrivono i Vescovi che invitano “gli attori politici, le Forze di Difesa e Sicurezza e gli opinion leader a dimostrare responsabilità, moderazione e sincero impegno nella costruzione del nostro Paese”. (L.M.) (Agenzia Fides 2/7/20259
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AMERICA/MESSICO – Spari all’alba nelle vie di Villahermosa: gravemente ferito un sacerdote

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mercoledì, 2 luglio 2025

Villahermosa (Agenzia Fides) – Versa ancora in condizioni critiche nell’ospedale “Rovirosa” di Villahermosa padre Héctor Alejandro Pérez, parroco della chiesa di San Francesco d’Assisi. Il sacerdote è stato raggiunto allo stomaco da alcuni proiettili mentre era in strada per far visita a un malato nella colonia Gaviotas Sur.I fatti risalgono alle prime ore del mattino di lunedì 30 giugno quando, secondo quanto riferito dalla Diocesi di Tabasco, il sacerdote, poco prima delle 6, si trovava in strada per far visita a domicilio a un parrocchiano malato. Ignoti hanno esploso diversi colpi di pistola che hanno raggiunto padre Pérez.Trasportato d’urgenza in ospedale, il prete è stato sottoposto a un lungo intervento chirurgico allo stomaco (parte del quale è stato asportato). I medici, fin dal primo momento, hanno definito la situazione clinica molto grave a causa della perdita di sangue e della complessità delle lesioni interne.Sulla vicenda stanno indagando le forze di polizia. In una nota la Diocesi di Tabasco parla di “scambio di persona” ma gli inquirenti non confermano né smentiscono. Nella stessa nota la Diocesi “esprime ferma condanna per questo atto barbaro, chiede a Dio che tocchi i cuori degli aggressori affinché si convertano” e “invita i fedeli e le persone di buona volontà a unirsi nella ricerca della pace”.Solidarietà al sacerdote, che, come riporta un nuovo bollettino medico diffuso sempre dalla Diocesi di Tabasco resta “in condizioni critiche ma stabili”, giunge dalla Conferenza Episcopale del Messico. I Vescovi messicani esprimono la loro “profonda costernazione e vicinanza fraterna di fronte al codardo attacco armato perpetrato contro padre Hector Pérez. Ci uniamo in preghiera al Signore della vita per la pronta guarigione di padre Hector, affidandolo alla protezione della Vergine Maria. Estendiamo il nostro sostegno alla Diocesi di Tabasco, alla comunità parrocchiale di San Francesco d’Assisi, ai suoi familiari e amici. Che Cristo, Principe della Pace, ispiri e sostenga i nostri sforzi per costruire una società dove prevalgano giustizia, riconciliazione e rispetto per la vita”. (F.B.) (Agenzia Fides 2/7/2025)
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ASIA/INDONESIA – Il cammino dei cattolici di Sulawesi, ispirati dalla Nostra Aetate e dal viaggio di Papa Francesco

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mercoledì, 2 luglio 2025

Archdiocese of Makassar

Città del Vaticano (Agenzia Fides) – “Camminiamo insieme con la popolazione musulmana sui sentieri del dialogo e della misericordia. Come cattolici viviamo in un’area dell’Indonesia in cui siamo una piccola minoranza nella società. Questo non ci scoraggia né spaventa. C’è una fede profonda che è ben visibile nella partecipazione della gente, che ci chiama continuamente al rapporto con l’alterità, con persone di fede diversa, con le quali generalmente non vi sono problemi di convivenza”, dice in un colloquio con Agenzia Fides l’Arcivescovo di Makassar, Franciskus Nipa che il 29 giugno è stato l’unico Arcivescovo Metropolita indonesiano a ricevere il Pallio nella celebrazione presieduta da papa Leone XIV in San Pietro. “E’ stato un momento toccante, di forte legame con il Successore di Pietro. Papa Leone XIV è un papa che è stato missionario e dunque comprende in profondità la nostra vita”, nota.L’Arcivescovo racconta la sua missione sull’isola di Sulawesi, per estensione la terza isola più grande dell’arcipelago indonesiano, il cui territorio è diviso in due diocesi cattoliche: Manado a nord, Makassar a Sud, che include tre province civili. Il motto episcopale di Franciskus Nipa recita “Misericodiam volo” ed esprime il profondo desiderio di “essere sempre e totalmente a servizio del popolo che Dio mi ha affidato”. In passato Franciskus Nipa è stato per 12 anni segretario generale dell’arcidiocesi, un compito fondamentale per una conoscenza diretta e particolare del territorio, delle problematiche, delle questioni e delle necessità dei fedeli cattolici della diocesi, circa 250mila, su una popolazione di oltre 13 milioni di abitanti, divisi in 56 parrocchie.L’Arcivescovo Nipa parte dal contesto in cui i cattolici sono immersi: “A Sulawesi generalmente abbiamo buone relazioni con la popolazione in maggioranza musulmana. Una preziosa fonte d’ispirazione per la nostra vita quotidiana è stata la Nostra Aetate, il decreto del Concilio Vaticano II che riguarda i rapporti tra la Chiesa cattolica e le religioni non cristiane. Coltiviamo buone relazioni a livello della gente comune, con i leader islamici e con le autorità civili”, spiega. “A volte , in alcune zone specifiche di una provincia, avviene che per avere dalle autorità governative il permesso di costruire una nuova chiesa, dove c’è necessità, ci mettano in attesa e questa attesa possa durare anni, fino a 30 o 40 anni, il che significa, di fatto, negare il permesso”, racconta.In passato la presenza di elementi estremisti islamisti è venuta a turbare la convivenza e a creare ferite: il 28 marzo 2021, domenica delle Palme, nella cattedrale del Sacro Cuore di Gesù a Makassar si è registrato un attentato dinamitardo, che ha provocato la morte di due attentatori e il ferimento di almeno 20 persone.”Ma noi cerchiamo sempre di superare gli ostacoli e trovare il buono che il Signore mette in ogni evento”, dice. “Un impatto molto positivo – osserva – lo ha avuto la visita di Papa Francesco in Indonesia lo scorso anno. E’ stata importante per le nostre relazioni islamo-cristiane. Infatti, in preparazione, abbiamo avuto occasioni di incontro con i capi e fedeli musulmani, attraverso un ciclo di incontri mensili svoltisi ora in chiesa, ora in moschea, che hanno consolidato le buone relazioni”. “A questo impegno per il dialogo i musulmani rispondono bene e ne siamo incoraggiati. Le parole di benevolenza emerse in quegli incontri ora cerchiamo tutti di tradurle nella pratica, nella vita quotidiana”, dice.Il servizio pastorale del Vescovo nel vasto territorio implica la visita alle comunità sparse nelle aree più lontane , inclusa la Tana Toraja Regency, un’area di cui mons Nipa è originario, caratterizzata da paesaggi di risaie, colline, montagne e villaggi, e dalle comunità indigene Toraja, che seguono culti animisti. “Nutro una attenzione personale e particolare per la conservazione della ricchezza culturale dei nativi”, ricorda, sottolineando che il Vangelo è giunto fino a loro e si è diffuso: la recente inaugurazione della caratteristica chiesa della Sacra Famiglia, ricavata nella roccia della montagna, nel gennaio scorso – ricorda – è stata un momento importante per il popolo Toraja: ha attirato l’attenzione per la sua struttura originale e il suo significato di “una chiesa è caratterizzata da un’integrazione unica con il paesaggio naturale, con Cristo al centro”.(PA) (Agenzia Fides 2/7/2025)
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VATICANO – Crisi climatica e debito ecologico, i Vescovi di Asia, Africa e America Latina: la “green Economy” rischia di ridursi a “modernizzazione del Capitalismo”

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martedì, 1 luglio 2025

Wolfgang Hasselmann. Pixabay

Città del Vaticano (Agenzia Fides) – Dire basta alle “false soluzioni” e richiamare l’attenzione dei Paesi ricchi a colmare “con azioni urgenti” il debito ecologico delle nazioni più povere. Questo il senso del documento “Un llamado por la justicia climática y la casa común: conversión ecológica, transformación y resistencia a las falsas soluciones”, un testo frutto della collaborazione tra gli organismi episcopali continentali di America Latina e Caraibi (Celam), Asia (Fabc) e Africa (Secam) coordinate dalla Pontificia Commissione per l’America Latina.Il documento, suddiviso in tre grandi capitoli e in 12 paragrafi, evidenzia i diversi aspetti della crisi climatica già analizzati nell’enciclica Laudato si’ (pubblicata dieci anni fa da Papa Francesco) e, a livello globale, analizza le varie implicazioni, sia sociali che morali, lanciando un appello agli Stati affinché intervengano non con “false soluzioni”, come fatto finora, ma con azioni concrete.Debito ecologico ed economia greenIl testo denuncia fin dalle prime righe la “contraddizione” di finanziare una presunta “transizione energetica” con i profitti derivanti dall’estrazione di petrolio, senza un reale impegno a superare i combustibili fossili.Da qui la critica al cosiddetto “greenwashing” delle politiche ambientali: l’economia verde, pur presentata come un modello sostenibile, rischia di essere solo una “modernizzazione del capitalismo”, che continua a concentrare potere e ricchezza nelle mani di pochi, escludendo i più poveri e aggravando le disuguaglianze già esistenti.Il sistema attuale, per come è stato concepito, sottolinea il testo, tende non a proteggere il Pianeta, quanto piuttosto a “mercificare la natura”, trasformandola in un “asset negoziabile solo da alcuni” senza mettere in discussione le azioni e i processi che hanno portato alla crisi climatica.I Vescovi chiedono dunque di “costruire un sistema economico realmente sostenibile, solidale e inclusivo” che tenga conto anche del debito ecologico. Papa Francesco, citato nel documento, ricordava che debito ecologico e debito estero sono “facce di una stessa medaglia”.Nella bolla di indizione del Giubileo 2025 “Spes non confundit”, e nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2025, il Pontefice argentino aveva definito il debito estero “strumento di controllo” di governi e istituzioni finanziarie sulle nazioni povere.Il documento riprende queste parole e l’invito – più volte espresso da Papa Francesco – ai Paesi ricchi affinché questi “riconoscano e paghino il loro debito ecologico, derivante da decenni di emissioni e sfruttamento delle risorse naturali a discapito dei Paesi poveri”. Stando ai dati, si stima che il debito climatico del Nord globale possa raggiungere i 192 trilioni di dollari entro i prossimi 25 anni. Ecco perché il testo richiama a quella che viene definita “una giustizia che non sia solo finanziaria, ma anche morale, chiedendo trasparenza e impegni concreti per sostenere le comunità più vulnerabili” senza aggravare ulteriormente il loro indebitamento.Responsabilità e all’uguaglianzaTra le azioni che il documento suggerisce vi sono quelle che richiamano alla responsabilità: secondo i Vescovi, infatti, i Paesi che hanno storicamente maggiormente contribuito alle emissioni inquinanti devono assumersi i maggiori oneri in termini di mitigazione e adattamento, senza continuare ad appesantire i Paesi più poveri.Per far sì che ciò accada, il testo propone la creazione di una “nuova coalizione” che riunisca la Chiesa, i governi, i popoli indigeni, ma anche studiosi ed organizzazioni umanitarie nel Sud e “alleati coerenti del Nord” affinché vengano studiate e promosse “azioni ambiziose che affrontino i debiti sociali ed ecologici” garantendo così “un futuro giusto e sostenibile per le nuove generazioni”.In questi giorni è stato fondato l’Osservatorio Ecclesiale sulla Giustizia Climatica, promosso dalla Conferenza Ecclesiale dell’Amazzonia. Questo Osservatorio monitorerà l’attuazione degli accordi presi durante le ultime Conferenze sul Clima (COP), registrando le eventuali inadempienze e vigilando sul rispetto degli impegni presi. (F.B.) (Agenzia Fides 1/7/2025)
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ASIA/COREA DEL SUD – Un report sulle persecuzioni di Gihae e Byeong-o nel centenario dei primi beati coreani

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martedì, 1 luglio 2025

Seoul (Agenzia Fides) – Un report per conoscere i dati delle persecuzioni che nel XIX Secolo colpirono i cattolici nella penisola coreana. Si celebrerà anche così, con la pubblicazione di documenti e atti ufficiali utili a ricostruire quel tempo di testimonianza e martirio, il centenario della liturgia eucaristica celebrata il 5 luglio 1925 nella basilica di San Pietro in Vaticano, durante la quale furono proclamati beati i primi martiri coreani.Si trattava di 79 cattolici uccisi in odium fidei durante le persecuzioni di Gihae (1839) e di Byeong-o (1846). Nel corso del XIX Secolo (i cattolici ottennero la libertà di culto in Corea solo nel 1895) stime raccolte dalla Chiesa di Corea parlano di circa 16mila cattolici uccisi.Per commemorare questo evento, il Comitato per l’Onore dei Martiri dell’Arcidiocesi di Seul ha organizzato una serie di eventi che si apriranno proprio il 5 luglio con una celebrazione eucaristica. Alle ore 15 l’arcivescovo Jeong Sun-taek presiederà la messa presso il Santuario dei Martiri di Seosomun, la chiesa sorta sul terreno dove si svolgevano le esecuzioni capitali durante la dinastia Joseon. Considerato il “più grande luogo di martirio della Chiesa coreana”, su questa terra morirono 41 dei 79 martiri beatificati il 5 luglio 1925 in Vaticano.Al termine della messa sarà presentata la “Raccolta di dati sulla persecuzione di Gihae e Byeong-o”, un report contenente gli atti ufficiali relativi alle persecuzioni di Gihae e Byeong-o. Si tratta di documenti ufficiali estratti dagli “Annali della dinastia Joseon”, dal “Diario del Segretariato Reale” e dalla “Dichiarazione dell’Ufficio degli Affari Militari”. L’intero report è stato redatto sulla base di istruzioni, relazioni e resoconti scambiati tra il Ministero della Giustizia e l’Ufficio di Polizia, il che lo differenzia dai materiali storici già esistenti poiché incentrati quasi esclusivamente sulle testimonianze di chi ha vissuto quel periodo. Inoltre include traduzioni nella lingua attuale insieme ai testi originali, rendendolo di facile consultazione per i ricercatori.A conclusione delle iniziative, nella serata del 5 luglio sarà inaugurata una mostra dal titolo “Anima Mundi”. Il nome è lo stesso della sezione dei Musei Vaticani che raccoglie l’eredità dell’Expo Missionaria Universale che Papa Pio XI volle realizzare nei Giardini Vaticani in occasione del Giubileo del 1925 (vedi Fides 28/3/2025). A quell’evento partecipò anche la Chiesa coreana che si mostrò per la prima volta al mondo intero. La mostra, sul modello del padiglione che venne allestito cento anni fa nei Giardini Vaticani, ripercorre la situazione che viveva la Chiesa di Corea in quel periodo. (F.B.) (Agenzia Fides 1/7/2025)
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AFRICA/SUDAN – Insicurezza e carenza di servizi aggrava la situazione della capitale: disaccordo degli insegnanti nella riapertura delle scuole

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martedì, 1 luglio 2025

Internet

Khartoum (Agenzia Fides) – La maggior parte delle aree di Khartoum è priva di servizi di elettricità e acqua andando ad aggravare la già precaria sicurezza del paese e la carenza di altri servizi come internet e telecomunicazioni.A dare l’allarme l’organizzazione Lizenfo che ha riportato che nella capitale sudanese un numero significativo di persone sono state costrette a fare ritorno nei campi profughi, ad eccezione di alcune zone di Omdurman che, di contro, stanno assistendo a un notevole ritorno alla vita. Secondo una dichiarazione del responsabile dell’organizzazione umanitaria diversi civili sono tornati da Khartoum negli Stati Uniti dopo aver affrontato gravi difficoltà nella capitale durante il conflitto.In questo contesto di precarietà generale, il Comitato degli Insegnanti Sudanesi ha espresso il proprio disaccordo con la decisione del governo dello stato di Khartoum di riaprire le scuole, affermando che tale decisione rappresenta una minaccia diretta per la vita degli operatori dell’istruzione e delle loro famiglie. Inoltre, le reti di telecomunicazione sono instabili, Internet non è disponibile per la maggior parte del tempo. Gli insegnanti hanno sottolineato di essere costretti a ricaricare i telefoni, a costi elevati, presso negozi che utilizzano l’energia solare, e hanno denunciato un grave deterioramento della situazione umanitaria oltre all’alto costo dei generi alimentari.Inoltre, nella zona sud e in quella occidentale di Khartoum i civili vengono trattenuti e condotti in luoghi sconosciuti senza fornire motivazioni. La maggior parte dei mercati di quartiere rimane chiusa e la gente è costretta a percorrere lunghe distanze per recarsi al mercato centrale, oltre che per procurarsi acqua potabile.(AP) (Agenzia Fides 1/7/2025)
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ASIA/THAILANDIA – La Corte Costituzionale sospende la Primo Ministro: “Si procede secondo lo stato di diritto”, nota il Direttore nazionale delle POM

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martedì, 1 luglio 2025

Caritas Thailand

Bangkok (Agenzia Fides) – “La protesta in strada è durata un giorno e ora a Bangkok è tornata la calma. Credo che il processo di sostituzione del Primo Ministro  proseguirà secondo lo stato di diritto e seguendo le regole della democrazia. L’auspicio del popolo thailandese è risolvere rapidamente le questioni frontaliere  con la Cambogia e far rientrare la situazione nell’alveo dei buoni rapporti che caratterizzano le due nazioni”: è quanto dice in un colloquio con l’Agenzia Fides  don Peter Piyachart Makornkhanp, parroco a Bangkok e Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie (POM) in Thailandia.Il paese è scosso dal recente atto della  Corte costituzionale che ha sospeso la primo ministro Paetongtarn Shinawatra, sotto accusa per “violazioni etiche” nella gestione dei rapporti con la Cambogia. La sospensione – è stato reso noto –  sarà in vigore “fino alla decisione della Corte  Costituzionale”, che potrebbe richiedere diverse settimane o mesi. La Corte ha agito accogliendo una petizione presentata da 36 senatori in seguito alla diffusione pubblica di un colloquio telefonico tra la Premier e l’ex premier cambogiano Hun Sen in cui la Shinawatra definiva il comandante dell’esercito thailandese “un oppositore”. A livello politico la 38enne premier – figlia del magnate ed ex Primo ministro Thaksin Shinawatra – era già indebolita  dopo che, due settimane fa, l’importante partito dalla coalizione di governo, il Bhumjaithai (“Orgoglio Thai”), aveva ritirato il suo sostegno all’esecutivo. Ne era seguito un rimpasto rimpasto di governo.La questione riemersa di recente è la disputa territoriale con la Cambogia, sfociata in scontri transfrontalieri che hanno causato la morte di un soldato cambogiano (vedi Fides  24/6/2025). La Premier è accusata di indebolire l’esercito e di aver violato le disposizioni costituzionali che richiedono “integrità” e “standard etici”.P. Piyachart Makornkhanp nota a Fides: “Nei rapporti tra Thailandia e Cambogia a tratti emergono pregiudizi reciproci molto antiche. Ma, nella vita e nella mente della gente comune di oggi, non vi sono problemi, si coltivano buone relazioni, che generano  intensi rapporti economici e sociali, specialmente nelle zone di frontiera. Alcune ostilità è ruggini riguardano i rapporti fra alcuni leader, non la gente”. Il Direttore nazionale POM riferisce, poi, che “a livello ecclesiale, tra le Chiese di Cambogia e Thailandia vi sono ottimi rapporti e proficua collaborazione pastorale: abbiamo attualmente diversi preti e consacrati thailandesi che svolgono servizio  pastorale in Cambogia. Auspichiamo  che le tensioni possano calare e che la situazione si normalizzi, con la riapertura delle frontiere”.Il sacerdote di Bangkok rileva anche che “molte persone e organizzazioni thailandesi, tra le quali la Caritas, stanno facendo  del loro meglio per prendersi cura dei cambogiani rimasti bloccati in Thailandia da sfollati, con la chiusura dei confini, impossibilitati a tornare in Cambogia. Si tratta di un segno molto bello di solidarietà che esprime la natura dei rapporti tra i due popoli”, conclude.(PA) (Agenzia Fides 1/7/2025)
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Positivo avanzamento del PNRR: valutazione positiva della Commissione europea per il pagamento della VII rata pari a 18,3 miliardi di euro

Source: Government of Italy

Nella giornata di oggi l’Italia ha ricevuto la valutazione positiva al pagamento della settima rata del PNRR, pari a 18,3 miliardi di euro, adottata dalla Commissione europea in seguito al positivo conseguimento di tutti gli obiettivi previsti. Con la recente revisione tecnica, che ha aggregato in un unico traguardo i tre obiettivi connessi alle misure su rinnovabili, batterie e alla riforma del rischio finanziario associato ai contratti di acquisto per le energie rinnovabili, gli obiettivi programmati e conseguiti sono 64, suddivisi in 31 milestone e 33 target.

“Con il pagamento della settima rata l’Italia confermerà il primato europeo nell’avanzamento del Piano, con oltre 140 miliardi di euro ricevuti, corrispondenti al 72% della dotazione finanziaria complessiva e al 100% degli obiettivi programmati nelle prime sette rate, pari a 334 tra milestone e target, obiettivi tutti conseguiti nel pieno rispetto del cronoprogramma stabilito dalla Commissione. Si tratta di un primato anche qualitativo, abbiamo dimostrato di essere capaci di utilizzare in modo virtuoso gli strumenti che l’Europa ci ha fornito e siamo diventati un modello per gli altri Stati membri.

Dobbiamo tutti essere orgogliosi del grande lavoro che abbiamo fatto fino ad ora. Un lavoro che non è certo terminato, e deve anzi continuare con la medesima determinazione, per una Nazione sempre più moderna, produttiva e competitiva, forte e inclusiva, consapevole e pronta alle sfide globali del presente e del futuro”, dichiara il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

Tra gli obiettivi conseguiti figurano diverse riforme, come la legge sulla concorrenza, le misure per velocizzare i pagamenti della Pubblica Amministrazione e la revisione del servizio civile universale.

“Alla settima rata – afferma il Ministro per gli Affari europei, il PNRR e le politiche di coesione, Tommaso Foti – sono legati diversi investimenti strategici, tra i quali il nuovo collegamento elettrico tra Sardegna, Corsica e penisola, SA CO I.3, e il collegamento elettrico sottomarino tra Sicilia, Sardegna e penisola, Tyrrhenian Link: infrastrutture fondamentali per implementare le reti di trasmissione dell’energia elettrica e per rafforzare l’autonomia energetica dell’Italia, con l’obiettivo di garantire energia a famiglie e imprese a condizioni migliori.

La valutazione positiva per il pagamento di questa rata fa seguito alla presentazione della richiesta di pagamento dell’ottava rata, a conferma dell’allineamento del Piano italiano con la roadmap europea del PNRR, nel pieno rispetto dei suoi impegni, delle sue priorità e della sua scadenza finale ad agosto 2026”.

Agli investimenti sulle infrastrutture energetiche si aggiungono altri interventi significativi quali il potenziamento della flotta di autobus e di treni a emissioni zero per il trasporto regionale, dei nodi metropolitani e dei principali collegamenti nazionali, la riqualificazione di molte stazioni ferroviarie, le misure per la cybersicurezza, l’attivazione di 480 Centrali Operative Territoriali (COT) per rafforzare le prestazioni in materia di salute pubblica, gli investimenti per una migliore gestione delle risorse idriche, il conferimento di 55.000 borse di studio agli studenti meritevoli meno abbienti per l’accesso all’Università, di 7.200 borse di dottorato per la ricerca e di ulteriori 6.000 borse per dottorati innovativi, specificatamente dedicate alle imprese.

AFRICA/CONGO RD – Gli accordi di pace tra RDC e Ruanda: un’altra beffa

Source: The Holy See in Italian

Kinshasa (Agenzia Fides) – “L’impressione che affiora sulle labbra di diverse persone a Bukavu, estenuate da oltre quattro mesi d’occupazione, è la perplessità e il sentimento di essere stati ancora ingannati, anche se non si rinuncia alla speranza che qualcosa cambi sul terreno Ma che cosa? Nuove notizie di uccisioni dall’M23 giungono dalla città e dalla provincia”. Così scrive all’Agenzia Fides una fonte della Chiesa da Bukavu, il capoluogo del Sud Kivu occupato da metà febbraio dalle truppe ruandesi e dai guerriglieri dell’M-23 (vedi Fides 17/2/2025), commentando l’accordo di pace firmato a Washinton il 27 giugno da Ruanda e Repubblica Democratica del Congo sotto gli auspici dell’amministrazione Trump (vedi Fides 27/6/2025).L’accordo prevede la “revoca delle misure difensive del Ruanda” entro tre mesi, con il ritiro dei soldati ruandesi dalla RDC nonché la neutralizzazione da parte di Kinshasa delle Forze Democratiche per la Liberazione del Ruanda (FDLR), create da ex leader hutu legati al genocidio ruandese del 1994 e considerate da Kigali una minaccia esistenziale.L’accordo include anche una componente economica che deve essere precisata ma che prevede lo sfruttamento delle risorse minerarie congolesi da parte di industrie americane.“Molta gente era disposta a perdere i minerali del Paese pur di ritrovare la pace, ma anche quest’ultima è in dubbio” riferisce la fonte di Fides. “Poiché qui il Ruanda, che occupa e sfrutta le province del Nord e Sud Kivu sotto le sembianze dell’M23, non sembra essere toccato dall’accordo. Quindi niente si muove per ora. Proprio dove più ci vorrebbe un cambiamento”.“C’è un cambiamento basilare che tutti aspettano, tranne chi ha cambiato casacca: la partenza di tutti i militari ruandesi, che tornino a casa loro. Questo l’accordo non lo dice apertamente, parla solo di “cessazione delle ostilità”. Anche se cita la risoluzione ONU 2773 che chiedeva tale rientro.Leggendolo, mi sembra un testo pieno di trappole. Un’altra evidente, è il fatto che per ben sei volte si parla delle FDLR da neutralizzare. Come se fosse il vero problema. Si dà credito a un pretesto, forse per non dire ad alta voce al Ruanda: “Il Re è nudo”, ha aggredito un Paese indipendente. Le FDLR sono poche, a più riprese rimpatriate, assolutamente inadeguate per un attacco al Ruanda. Ma comode per giustificare la presenza dell’esercito ruandese in Congo.E si chiede il disarmo di ogni milizia: quindi anche di quella, spesso disorganizzata certo, a volte infiltrata da banditi, di sicuro, ma che, da sola o con i pochi militari congolesi ancora attivi, sta bloccando l’avanzata dell’M23. Intanto la forza occupante continua a uccidere, a stuprare, a taglieggiare una popolazione che è ormai alla fame. Bisogna viverci in mezzo per sentire sulla pelle l’umiliazione di chi chiede perché non sa come fare a nutrire i figli e l’impotenza di noi che rispondiamo: mi dispiace, ma non abbiamo soldi da darvi perché le banche sono chiuse.Altra trappola, il ritorno dei rifugiati. Non ci sono quasi rifugiati congolesi in Ruanda. Piuttosto, ci sono folle di sedicenti rifugiati ruandesi che aspettano solo di entrare in Congo per installarsi e continuare ad alimentare il sogno di un grande Ruanda. È vero che si fa riferimento alle istituzioni tradizionali: quelle dovranno dire se la persona era veramente originaria di un dato luogo o no. Si vedrà.E che dire della cooperazione economica con un Paese tuttora dedito al saccheggio di ogni cosa saccheggiabile, che attraversa le frontiere dei territori occupati? La prospettiva, come diversi dicono, sarà che il Congo rimanga la grande miniera dove la gente tribola e anche muore per pochi soldi, mentre il Ruanda il luogo delle industrie di raffinazione, e le grandi multinazionali e gli Stati che le sostengono saranno i grandi vincitori. Con la benedizione dell’amico opportunista, gli Stati Uniti.È un caso che non appaia mai nel documento il termine “giustizia”? Che dire dei milioni di vittime, dei morti e dei sopravvissuti traumatizzati, dei bambini privati di scuola, dei giovani derubati della loro giovinezza, degli adulti privati di quel minimo vitale che fa la dignità di una persona?Tutto questo non sarebbe successo senza la spinta di autorità congolesi che danno l’impressione di avere svenduto il Paese e il loro popolo pur di conservare il potere.Eppure la società civile congolese, soprattutto dell’Est della RDC aveva prodotto e rivolto alle più alte autorità numerosi documenti chiarificatori, esprimendo le sue preoccupazioni. Non considerate. Il premio Nobel dottor Mukwege aveva levato la voce, con un discorso che da umanitario si è fatto sempre più politico, andando alle radici dei problemi. Come se nessuno avesse detto niente. Allora l’impressione globale è la beffa. È brutto opprimere un popolo. È peggio ancora fargli credere che lo si sta aiutando”. (Agenzia Fides 1/7/2025)
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