Dalla Mongolia alle memorie apostoliche di Roma. Il pellegrinaggio “ad limina Petri” di una piccola Chiesa missionaria

Source: The Holy See in Italian

giovedì, 19 giugno 2025

di Gianni Valente Meno di tre anni fa il Successore di Pietro andò a trovarli fino a Ulaanbaatar, muovendosi anche in carrozzella. Adesso, alcuni di loro sono venuti da laggiù a trovare Pietro, a venerare le sue memorie, e salutare anche il suo nuovo Successore.26 in tutto, compreso il loro Vescovo, il Cardinale missionario Giorgio Marengo. Tra loro ci sono Cecilia dell’ufficio media della Prefettura e Amanda, responsabile della casa di spiritualità. C’è Amaraa, autista tutto fare e la cuoca Zulaa. C’è l’economo Andrea, fratello salesiano del Vietnam, e il sacerdote coreano Pietro Hong coi 10 parrocchiani della chiesa di Santa Maria. Piccolo resto del piccolo resto che è la comunità cattolica in Mongolia, quasi 1500 anime sparse in mezzo a quel popolo di 3 milioni e mezzo di connazionali buddisti, musulmani o non credenti. Dal 15 al 18 giugno hanno compiuto il loro pellegrinaggio giubilare nella Città Eterna, passando prima per Torino e raggiungendo poi anche Assisi. Viaggio alle sorgenti apostoliche della Chiesa di Roma, compiuto da figli e figlie di una piccola, giovane Chiesa missionaria.  Giornate venate di gratitudine, punteggiate da tante esperienze sorprendenti con una realtà in cui pure hanno potuto riconoscere qualcosa di familiare.Non si diventa cristiani da soli Prima di partire da UlaanBaatar, avevano studiato la storia e i tesori delle quattro basiliche papali di Roma, preparandosi un po’ per afferrare meglio tutto quello che avrebbero visto e sentito. Poi, il primo contatto fraterno lo hanno avuto con la comunità parrocchiale di San Giuda Taddeo, chiesa romana dedicata a uno degli Apostoli nel quartiere Appio Latino, di cui il Cardinale Marengo porta il titolo. Dopo la messa, nella convivialità di un pranzo comunitario, la familiarità dei cattolici mongoli con i tratti riconoscibili in ogni autentica vicenda apostolica affiorano con parole semplici e dirette. «Per fare arrivare l’annuncio di Gesù fino in Mongolia» ripete Rufina Chamingerel «la Chiesa non ha mandato dei pacchi di libri, ma delle persone, come libri viventi».San Pietro da Gerusalemme giunse fino a Roma, dove fu martirizzato. «Il Vangelo viene da fuori», ha ricordato Papa Leone sabato scorso, parlando di Sant’Ireneo, il grande teologo che dall’Asia Minore andò a morire martire come Vescovo di Lione. Rufina, oggi, ripete la stessa cosa: «Non saremmo potuti diventare cristiani da soli, se non fossero arrivati i missionari. La fede è giunta fino a noi perché anche da noi sono arrivati dei missionari e delle missionarie».Nel pomeriggio di domenica, guidati dal Cardinale Marengo, i pellegrini venuti dalla Mongolia hanno visitato le Basiliche di San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore, la Betlemme di Roma, che custodisce le reliquie legate alla Natività di Gesù, l’Icona di Maria Salus Populi Romani e adesso anche le spoglie mortali di Papa Francesco. «A un certo punto» ricorda Rufina «anche Papa Francesco è voluto venire di persona in Mongolia. Lui, che era Papa, è voluto venire da noi di persona, come un missionario. La sua presenza tra noi ci ha commosso e dato grande conforto nella fede». La Tomba di Pietro e Papa LeoneNella visita alla Basilica di San Pietro, il Cardinale Marengo porta i suoi amici e amiche mongoli nei pressi della tomba di Pietro, per pregare lì insieme. Assaporando lì, nel cuore della memoria custodita da quasi duemila anni l’intima affinità elettiva che unisce la piccola comunità mongola al cuore della Chiesa di Roma, e a tutte le vicende narrate negli Atti degli Apostoli: parole, opere gioie e tribolazioni di coloro che hanno visto Gesù e hanno vissuto con lui. Rufina, come Cecilia e tanti a cui accade di diventare cristiani in Mongolia, portano i nomi dei Martiri di Roma e dei Santi dei primi secoli. Il suo glielo ha proposto una suora, dopo averle raccontato la storia della giovane romana, figlia del Senatore Asterio, uccisa insieme a sua sorella Seconda durante le persecuzioni dell’Imperatore Valeriano. Lei racconta che a colpirla e attirarla verso il battesimo sono state all’inizio le omelie del parroco. «Lui» racconta oggi Rufina «descriveva una vita e una realtà che sentivo di aver desiderato fin da bambina. Ora io sono in cammino. Nei primi passi c’è l’entusiasmo degli inizi. Poi, piano piano, mi accorgo che occorre chiedere di ricominciare ogni giorno. Occorre chiedere di vivere nella fede la vita quotidiana, con tutti i problemi. La cosa importante è che vedo sempre di più  dialogare la mia vita di ogni giorno con la fede».Così anche in Mongolia riaccade per grazia il mistero e il miracolo di cuori che diventano cristiani. E nella Chiesa nascente della Prefettura apostolica di UlaanBaatar fiorisce gratuitamente una esperienza preziosa per tutta la Chiesa universale. Adesso che, come sempre, tutta la Chiesa universale ha bisogno di riconosceresi come Chiesa nascente, e guardare agli inizi del cristianesimo.Anche Papa Leone ha potuto abbracciare la testimonianza dei nuovi cattolici di Mongolia, e rimanerne confortato, quando li ha ricevuti martedì 17 giugno nel Palazzo Apostolico.«Siamo stati molto felici di incontrare Papa Leone. Abbiamo ricordato la dimensione della Chiesa in Mongolia come una “Chiesa germoglio”, così l’aveva descritta anche Papa Francesco» racconta all’Agenzia Fides il Cardinale Giorgio Marengo. «È stato bello» aggiunge il Cardinale piemontese, missionario della Consolata «ricordare insieme a lui il viaggio di Papa Francesco in Mongolia. Abbiamo ringraziato i nostri fedeli mongoli presenti in questo pellegrinaggio per la loro testimonianza di fede, sapendo che per loro la scelta di diventare cristiani non è per niente scontata. Abbiamo chiesto a Papa Leone di pregare per noi, e gli abbiamo chiesto di venire anche lui in Mongolia». La missione della Chiesa e la preghiera per la Novena Mercoledì 18 giugno i pellegrini giunti dalla Mongolia hanno hanno incontrato il Cardinale Luis Antonio Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, nello storico Palazzo di Propaganda Fide.L’esperienza della piccola comunità ecclesiale di Mongolia sembra poter suggerire spunti preziosi per tutta la Chiesa, cominciando da quelli che per condizione e vocazione sono più direttamente coinvolto nell’opera apostolica e missionaria della Chiesa. Lo si percepisce dalle parole e dalle immagini a cui ricorre Rufina, che a Ulaan Baatar è responsabile dell’Ufficio pastorale della Prefettura Apostolica, quando le si chiede in cosa consista il suo lavoro. «Noi sosteniamo il Cardinale Giorgio Marengo, i missionari, le parrocchie, li sosteniamo nel portare avanti il loro servizio, tenendo conto di quello che serve giorno per giorno, momento per momento. Si tratta magari di trovare una piccola preghiera, scrivere una piccola catechesi, curare una traduzione, preparare un incontro».Nessun attivismo che si affanna e logora dietro a progetti astratti e complicati. La fatica di ogni giorno sta tutta nel riconoscere quello che serve alla vita ecclesiale in atto, cogliere i bisogni reali, e cercare di rispondere. «Nelle ultime settimane» racconta ancora Rufina, offrendo immagini concrete del suo lavoro quotidiano «ci siamo mossi per fare in modo che tutte le parrocchie della Prefettura condividessero le stesse preghiere per la Novena di Pentecoste». Iniziative semplici, realizzate attingendo al tesoro condiviso delle devozioni e delle pratiche pastorali della Chiesa universale, che col passare degli anni aiutano a sperimentare come «Dio stesso ci parla attraverso quello che ci chiedono i nostri fratelli e sorelle. E loro, diventati cristiani da poco, ci chiedono sempre cose semplici, essenziali, per camminare nella fede. 20 anni fa» aggiunge «quando ero giovane catechista, ricordo che eravamo contentissimi quando ad esempio trovavamo un’immagine che poteva essere utile nella nostra catechesi. Adesso c’è internet, ci sono più possibilità, ma continuiamo a rispondere alle esigenze che ci vengono dalla realtà concreta».Le opere e le iniziative ecclesiali non rispondono a smanie di protagonismo o astratti volontarismi. Fioriscono solo per rispondere a esigenze reali. Con una perseveranza che può riposare solo sulla gratitudine. (Agenzia Fides 19/6/2025)
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Le sfide della produzione di vaccini in Africa

Source: The Holy See in Italian

giovedì, 19 giugno 2025

World Health Organization (WHO)

di Cosimo GrazianiAbuja (Agenzia Fides) – Nelle scorse settimane in Nigeria, un vaccino contro la febbre di Lassa sviluppato da ricercatori locali ha mostrato segni di efficacia nella lotta alla malattia, che nella prima metà del 2025 ha fatto registrare 747 nuovi casi e 142 morti nel Paese africano. A darne notizia è stato Simeon Agwale, Chief Executive Officer dell’azienda farmaceutica nigeriana Innovative Biotech. Il vaccino è stato sviluppato su licenza dell’Università di Melburne e negli Stati Uniti sono state prodotte le dosi per la sperimentazione, in attesa che in Nigeria vengano costruite le infrastrutture necessarie.Per il gigante africano la possibilità di poter sviluppare autonomamente e di produrre il vaccino per una malattia che lo continua ad affliggere – il tasso di mortalità è aumentato rispetto al 2024 – rappresenta un risultato significativo, sintomo di una tendenza positiva riguardo lo sviluppo dei vaccini in tutto il Continente.Diversi Paesi africani stanno cercando di aumentare la produzione di vaccini interna, una priorità che si è fatta più grande dopo la pandemia. Nel 2022 è stata creata la Partnerships for African Vaccine Manufacturing (Pavm) che mira a far produrre il 60% del fabbisogno dei vaccini in Africa entro il 2040 (al momento la percentuale che si riesce a coprire è solo l’1%).Il problema della produzione dei vaccini è legato anche alle fasi di progettazione e al suo sviluppo. Secondo l’Africa Centre for Disease Control and Prevention (Cdc), il dipartimento dell’Unione Africana che si occupa della prevenzione e il controllo delle malattie, nel 2024 si contavano venticinque progetti di vaccino in tutto il Continente: quindici alle prime fasi di sviluppo, cinque con capacità produttiva ma senza capacità di trasferimento, cinque con capacità produttiva e capacità di trasferimento. I numeri sono positivi e sono rafforzati dal fatto che in tutto il continente ci sono almeno una decina di aziende farmaceutiche attive in paesi come appunto la Nigeria, il Marocco, l’Egitto, il Sudafrica, l’Algeria. Tutti questi aspetti stanno contribuendo al rafforzamento dell’ecosistema vaccinale che in passato ha già dato frutti come il vaccino per l’ebola sviluppato dopo l’epidemia del 2013 in Africa occidentale.Recentemente, per rafforzare la capacità produttiva dei vaccini in Africa sono stati annunciati tre importanti accordi, uno firmato a dicembre 2024 e due a febbraio di quest’anno. Il primo vedeva la partecipazione della U.S. International Development Finance Corporation, della Banca di Sviluppo Africana e della International Finance Corporation (Ifc) e prevedeva lo stanziamento di quarantacinque milioni di dollari alla VaxSen, una sussidiaria dell’Istituto Pasteur di Dakar in Senegal, paese anch’esso molto attivo nella ricerca vaccinale. L’accordo agiva il rafforzamento della capacità produttiva, del supporto alla supply chain locale e la creazione di una forte rete distributiva dei vaccini come prevede la strategia dell’Unione Africana per il 2040 di cui fa parte anche la Pavm. Oltre ad avere impatti sulla sanità, l’accordo doveva avere anche effetti sull’occupazione specializzata perché vedrà l’ampliamento degli impianti dell’Istituto Pasteur. C’è da chiedersi se dopo i tagli della presidenza Trump alla cooperazione internazionale di questi mesi anche questo progetto verrà ridimensionato o addirittura cancellato.Il primo accordo di quelli firmati a febbraio prevede un investimento da un miliardo e duecento milioni di dollari da parte della piattaforma Gavi-the Vaccine Alliance, una partnership pubblico-privata che sostiene progetti di vaccinazione in tutto il mondo, in particolare per i bambini. Secondo questo accordo i fondi verranno utilizzati per creare in Africa una piattaforma di produzione di un vaccino a RNA messaggero e verranno coinvolte aziende private sia africane, come l’egiziana EVA Pharma, sia straniera come la francese DNA Script e le belghe Unizima e Quantoom Biosciences. Nel secondo accordo firmato a febbraio la collaborazione invece è tutta africana: l’egiziana Biogeneric Pharma e la sudafricana Afrigen amplieranno lo sviluppo dei vaccini a RNA messaggero anche per rafforzare l’expertise continentale nella produzione e nell’applicazione contro le malattie che affliggono il Continente.Queste iniziative sono state elencate nel rapporto che la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (Cepi) ha pubblicato a febbraio di quest’anno. La fondazione con sede a Oslo ha sottolineato che tra i problemi da risolvere per poter sviluppare pienamente un’industria vaccinale in Africa ci sono problemi con l’accesso ai fondi, limitazioni nella produzione, tariffe e oneri doganali, incertezza nella domanda – il problema del mercato dei vaccini in Africa influisce molto sulle scelte delle varie aziende produttrici nel mondo, tenendo anche conto del fatto che nei prossimi anni l’Africa vedrà un importante ulteriore aumento della sua popolazione, soprattutto della sua popolazione giovane.(Agenzia Fides 19/6/2025)
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ASIA/MYANMAR – Con l’imminente stagione delle piogge, a rischio la condizione degli sfollati del sisma a Mandalay

Source: The Holy See in Italian

Mandalay (Agenzia Fides) – A tre mesi dal devastante terremoto del 28 marzo 2025, l’area di Mandalay nel Centro Nord del Myanmar, ha dovuto affrontare più di tre settimane di forti piogge e temporali. A causa delle persistenti precipitazioni e delle scosse di assestamento, alcuni edifici, già indeboliti dal terremoto, sono crollati, causando ulteriori difficoltà alle comunità colpite. E’ quanto afferma un rapporto inviato all’Agenzia Fides dall’Emergency Rescue Team per l’assistenza umanitaria dell’Arcidiocesi di Mandalay, che rileva: “Molte persone ancora passano la notte all’aperto o in rifugi di fortuna. Molte case sono state danneggiate o distrutte dal terremoto, costringendo le famiglie a dormire all’aperto. A Mandalay e nei dintorni, la gente utilizza teloni, tende o strutture in bambù per proteggersi dalle intemperie. L’accesso ad acqua pulita, servizi igienici e beni di prima necessità resta limitato e gli aiuti locali faticano a soddisfare i bisogni urgenti delle comunità colpite”.Con l’arrivo del monsone – afferma il rapporto – la situazione per le vittime del terremoto diventerà probabilmente ancora più difficile: “I rifugi improvvisati, spesso fatti di teloni o bambù, non saranno in grado di resistere a forti piogge e venti. Temiamo che le inondazioni e le cattive condizioni igieniche aumenteranno il rischio di malattie trasmesse dall’acqua, soprattutto per bambini e anziani. Senza un supporto urgente per fornire rifugi più durevoli e migliorare l’igiene, la sicurezza e il benessere di ingenti porzioni di popolazione saranno seriamente minacciati durante la stagione delle piogge”.Attualmente la diocesi ha messo a disposizione strutture e edifici ecclesiastici non danneggiati o spazi per ospitare gli sfollati. “Tende temporanee sono allestite dalle vittime del terremoto all’interno del complesso della chiesa di San Michele a Mandalay. Tra queste vittime non ci sono solo cattolici, ma anche buddisti. Le loro case sono state gravemente danneggiate e non sono ancora state riparate”, si legge.I volontari del team della diocesi stanno distribuendo aiuti umanitari alle vittime del terremoto, altri si sono incaricati della riparazione degli edifici ecclesiastici danneggiati, altri ancora gestiscono le squadra di soccorso d’emergenza. Sacerdoti e religiosi, condividendo la sorte dei profughi, ancora dormono fuori dalla residenza abituale, come nel cortile del complesso dell’arcivescovado.Nota p. Peter Kyi Maung, segretario dell’Arcidiocesi: “Le nostre stanze sono state danneggiate dal terremoto e al momento non sono sicure. Abbiamo allestito delle sistemazioni per dormire nelle aree aperte del complesso, utilizzando semplici lenzuola e zanzariere. Finché non saranno effettuate le riparazioni necessarie, non abbiamo altra scelta che continuare a vivere in queste condizioni temporanee. Ma tutti i volontari e i fedeli si impegnano ogni giorno per migliorare a poco a poco la situazione. Il Signore ci dà la forza per andare avanti”(PA) (Agenzia Fides 19/6/2025)
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Comunicato del Governo del 19 giugno 2025

Source: Switzerland – Canton Government of Grisons in Italian

Il Governo ha concesso un contributo pari al massimo a 155 000 franchi dal finanziamento speciale sport per il rinnovo della palestra di arrampicata Rätikon a Küblis. Così facendo ha accolto la domanda presentata dalla sezione Prettigovia del CAS. Questa sezione del Club Alpino Svizzero (CAS) gestisce tra l’altro una palestra di arrampicata pubblica a Küblis che necessita urgentemente di essere risanata. Senza lavori di risanamento la palestra di arrampicata rischia di venire chiusa a fine 2025. I costi per il risanamento ammontano complessivamente a 745 000 franchi. Una volta garantito il finanziamento globale, i lavori di risanamento inizieranno probabilmente nell’autunno 2025.

Il Governo ha garantito un contributo dal finanziamento speciale sport anche all’Eisverein Viamala per la realizzazione di una pista di ghiaccio artificiale nel Comune di Sils i.D. I costi complessivi per il progetto sono preventivati in 915 000 franchi, di cui 550 000 franchi sono computabili per il calcolo dei sussidi. Su questa base, il Cantone sostiene il progetto con un massimo di 110 000 franchi. Attualmente la pista di ghiaccio viene gestita quale pista di ghiaccio naturale. Ciò è possibile solo grazie a molto lavoro di volontariato. A seguito delle temperature sempre più elevate, nel migliore dei casi la preparazione di una pista di ghiaccio naturale è possibile solo per pochi giorni all’anno e impedisce una pianificazione affidabile della pratica degli sport sul ghiaccio nel comune di Sils i.D.

 

Banca Cantonale Grigione: il rischio di responsabilità per il Cantone dei Grigioni rimane molto basso

Source: Switzerland – Canton Government of Grisons in Italian

Esperti hanno proceduto a una valutazione dei rischi e della responsabilità in relazione alla garanzia statale per la Banca Cantonale Grigione (BCG). Secondo il rapporto sui rischi e sulla responsabilità 2025 redatto da Ernst & Young AG (EY), in base alle ipotesi formulate un caso di responsabilità per il Cantone dei Grigioni continua a essere classificato come molto improbabile. Il rapporto rappresenta la prima tappa dell’analisi della situazione relativa alla BCG commissionata dal Governo nel 2024.

Dall’ultimo rapporto sui rischi e sulla responsabilità, risalente al 2021, la BCG ha proseguito la sua crescita con una somma di bilancio pari a 35 miliardi di franchi (+12 %). Il motore principale è la crescita dei crediti, in particolare nel settore dei crediti ipotecari. I mezzi propri computabili sono aumentati a circa 2,8 miliardi di franchi (+8 %). L’attività commerciale della BCG si distribuisce su diverse componenti dei ricavi (operazioni su interessi, operazioni su commissione e prestazioni di servizio), nonché su mercati intercantonali ed extracantonali. Secondo il rapporto sui rischi e sulla responsabilità 2025 questa distribuzione equilibrata rafforza la diversificazione dei rischi e aumenta la stabilità e la redditività della banca.

Un patrimonio di rischio consolidato garantisce una stabilità duratura
Con una quota di capitale complessivo pari al 18,9 per cento, la BCG soddisfa i requisiti relativi ai mezzi propri regolatori e dispone di un’eccedenza di mezzi propri consistente. Inoltre si situa all’interno della fascia target strategica per la quota di fondi propri di base di qualità primaria (quota di CET-1), compresa tra il 17,5 e il 22,5 per cento. La BCG pratica una gestione dei rischi proattiva e negli scorsi anni ha ulteriormente rafforzato il proprio patrimonio di rischio. Occorre sottolineare in particolare che fino a fine 2024 la BCG ha messo da parte 372 milioni di franchi supplementari per rafforzare il proprio patrimonio rischio, ciò che indica un agire accorto e favorevole alla stabilità finanziaria.

La BCG resiste a diversi scenari di stress
Nel quadro dell’analisi dei rischi sono stati presi in considerazione diversi scenari di stress, tra cui una «crisi del turismo», una «perdita di attrattiva della piazza economica» nonché uno scenario di base inasprito con perdite supplementari nelle attività extracantonali. Gli scenari si basano su ipotesi relative alle probabilità di default e di diminuzione dei valori immobiliari. Gli esperti ritengono che in un caso simile la banca farebbe ricorso a rettifiche di valore e ad accantonamenti, cosicché un effettivo caso di responsabilità del Cantone rimane molto improbabile.

Dispositivo di liquidità della Banca nazionale svizzera (BNS) per emergenze
La BCG dispone di una gestione completa della liquidità e svolge regolarmente stress test di liquidità per essere preparata a possibili situazioni di crisi. Essa crea inoltre i presupposti per poter in futuro disporre di liquidità tramite il nuovo dispositivo «Concessione di liquidità a fronte di garanzie ipotecarie» (LFGI). Questo programma è stato creato dalla BNS per sostenere in modo mirato gli istituti finanziari solvibili in fasi di mercato difficili e per evitare problemi di liquidità.

Risultato molto soddisfacente dell’analisi della situazione relativa alla BCG
Il Governo del Cantone dei Grigioni ha preso atto con grande soddisfazione del rapporto sui rischi e sulla responsabilità 2025. Esso conferma l’attività commerciale solida e responsabile della BCG. La banca ha una buona capitalizzazione, è stabile e continua a contribuire in modo sostanziale alla stabilità finanziaria del Cantone.

Il rapporto sui rischi e sulla responsabilità 2025 è stato redatto da EY quale società di audit legale della BCG. Il rapporto rappresenta la prima tappa dell’analisi della situazione relativa alla BCG commissionata dal Governo nel 2024. I risultati confluiranno negli ulteriori lavori relativi all’analisi della situazione.

Persone di riferimento:

Consigliere di Stato Martin Bühler, direttore del Dipartimento delle finanze e dei comuni, tel. +41 81 257 32 01 (raggiungibile tra le ore 09:30 e le ore 10:30), e‑mail Martin.Buehler@dfg.gr.ch

Organo competente: Governo

L’intervento del Sottosegretario Mantovano al 2° Festival dell’«Umano tutto intero»

Source: Government of Italy

Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ha partecipato alla seconda edizione del Festival dell’«Umano tutto intero», nella sessione dedicata a “L’eccezione (antropologica) italiana per l’Europa e il mondo”. L’evento è organizzato da “Ditelo sui tetti”, network frequentato da oltre un centinaio di associazioni, che, ferma restando la piena autonomia di ogni realtà associativa, ha lo scopo di dare voce a un giudizio culturale comune sulle dinamiche normative e “pubbliche” che incidono sulla concezione dellʼumano, ritenendo centrale nel “cambio dʼepoca” (Francesco, 2015) delle società italiana e occidentali la
“questione antropologica” (Benedetto XVI, 2019). 

I ‘luoghi’ e le ‘strade’ della Speranza – Intervento del Sottosegretario Mantovano

Pochi giorni dopo l’elezione al Soglio pontificio, il 12 maggio, Papa Leone XIV ha incontrato i giornalisti e ha rivolto loro un discorso, tanto intenso quanto importante, su quella che potremmo definire l’ecologia della parola. Partendo dal Discorso della montagna, e dalla proclamazione di Gesù “Beati gli operatori di pace” (Mt 5,9), il S. Padre ha richiamato “ciascuno all’impegno di portare avanti una comunicazione diversa, che non ricerca il consenso a tutti i costi, non si riveste di parole aggressive, non sposa il modello della competizione, non separa mai la ricerca della verità dall’amore con cui umilmente dobbiamo cercarla”. 

Il discorso è stato severo ma vero. Se leggiamo – una dietro l’altra – le espressioni adoperate dal Papa per denunciare i passaggi più frequenti del discorso pubblico, scopriamo che Egli ha parlato di: “stereotipi e luoghi comuni”; “cedimento alla mediocrità”; “linguaggi senza amore, ideologici e faziosi, colmi di pregiudizi, rancore, fanatismo, odio”. Per questo il lavoro a cui il Pontefice richiama è quello di “disarmare le parole”, per uscire dalla confusione di quella Torre di Babele nella quale siamo imprigionati. 

Ce n’è sicuramente per i giornalisti: ma non è di questo che vorrei dire adesso. Vorrei dire invece che, per analogia, ce ne può essere anche per chi svolge una funzione politica e istituzionale. Perché, come esiste l’ecologia della parola, cui tendere, si dovrebbe parlare pure di ecologia della politica: attenzione, non di politica ecologica, che pure ha un senso.

Praticare l’ecologia della politica significa, per richiamare espressioni familiari, “lasciare a coloro che verranno dopo terra sana e pulita da coltivare”. È poco? È l’essenziale per una ecologia della politica: quell’espressione riassume il senso dell’onore e l’amore per la terra, il coraggio di fronte alle difficoltà, il valore dell’amicizia per affrontare le sfide, una visione del futuro carica di speranza, il ripudio della tentazione del potere fine a sé stesso.

Per lasciare “terra sana e pulita da coltivare” sono necessari tempo e fatica. In più, in coerenza col filo conduttore del Festival, vanno costruiti luoghi e strade di speranza.

Partiamo dal fattore tempo. L’Italia oggi, nonostante le sue oggettive fragilità, è al centro dello scenario internazionale. Perché? Perché è guardata con rispetto e ammirazione dai media di tutto il mondo? Perché la Presidente Meloni è sulle copertine dei principali magazine di altre Nazioni? Per una serie di ragioni, che certamente saranno state illustrate, ciascuno per la parte di competenza, dai Colleghi di governo che si sono succeduti in questi due giorni. C’è però qualcosa che lega le singole realizzazioni della nostra azione: si chiama stabilità politica. Non stiamo inseguendo il record di durata dell’Esecutivo: è che la stabilità dell’attuale Governo, e della maggioranza che lo esprime, ha ricadute concrete importanti.

Le ha sul piano finanziario, visto che per la prima volta dall’ottobre del 2017 l’agenzia S&P ha elevato il rating dell’Italia: tra le esplicite motivazioni vi è la longevità dell’Esecutivo e la stabilità della maggioranza parlamentare. Ho citato S&P, ma il miglioramento del rating è attestato da tutte le agenzie.

Le ha sul piano dell’economia reale. Il Rapporto annuale presentato il mese scorso dell’ISTAT descrive elementi di fragilità del sistema Italia: dal crollo demografico, alla fuga dei cervelli, non compensata da una corrispondente attrazione di talenti stranieri, e così via. E sappiamo che ne esistono tante altre, ben illustrate nel recente libro di Garofoli e Mattarella, Governare le fragilità: dalla perdurante scarsa efficienza della p.a. ai problemi che provocano le giurisdizioni.

Ma tutto questo non cancella i punti di forza: nel 2024 l’economia italiana ha continuato a crescere, se pure a un ritmo moderato, comunque superiore, per es., a quello della Germania; l’occupazione ha continuato a espandersi (+1,5%) e la crescita dell’occupazione è prevalentemente riconducibile alla componente a tempo indeterminato (+3,3); vi è stato un parziale recupero nel potere d’acquisto dei salari; lo spread è sceso a livelli ignoti da anni. Quest’ultimo non è un dato meramente finanziario: spread più basso significa riduzione degli interessi sul debito pubblico, quindi più risorse a disposizione per gli obiettivi per noi prioritari, quelli di cui avete parlato nella vostra due-giorni. 

La stabilità politica non consiste soltanto nella concordia tra gli alleati di Governo e tra i Ministri, che pure non è così scontata: ci sono inevitabili differenze su dossier importanti, costituiscono terreno di confronto ma anche di composizione. E’ qualcosa di più ampio: è la condivisione di valori e di un orizzonte politico di ampio respiro. 

Questo patrimonio di credibilità e di cultura politica è importante per l’Italia in un frangente storico particolarmente complesso. Nel 2005, nonostante la breve distanza dall’attacco alle Twin Towers, si era toccato il livello più basso di conflitti armati nel mondo dalla fine della Guerra Fredda (appena 17), e non vi erano guerre tra Stati. Oggi, venti anni dopo, i conflitti nel mondo hanno superato il numero di 50, e fra i principali vi sono due guerre tra Stati, quella tra Russia e Ucraina, e quella fra Israele e Iran. 

In questo contesto noi siamo chiamati a svolgere, fra gli altri, due compiti, tanto delicati quanto difficili. Il primo consiste nel rappresentare una forza che non teme di porsi in rapporto dialettico con l’UE, o con altri partner internazionali, ma resta sempre con le sue scelte ben ancorata all’Europa e all’Occidente; così facendo, fra l’altro, offre un’alternativa positiva rispetto alle forze insoddisfatte dagli indirizzi politici seguiti finora dall’UE (dal green deal all’immigrazione), che sarebbero altrimenti tentate di “punire” l’establishment, abbracciando atteggiamenti anti-sistema.

Il secondo compito è quello di ricomporre l’unità dell’Occidente, per riavvicinare le due sponde dell’Atlantico: unità quale obiettivo da raggiungere, e non quale punto di partenza, perché non è così ovvio che esso sia condiviso. E non è condiviso perché il perseguimento dell’unità dell’Occidente presuppone quale dato acquisito l’unità dell’Europa: culturale e politica prima ancora che monetaria ed economica. E questa unità nella sostanza non c’è, se continua a prevalere l’idea che la costruzione europea derivi dalla costrizione a regole comuni, prescindendo dai contenuti. 

Va ritrovata l’unità dell’Occidente. Ma la nostra prospettiva, sulla scia dei Maestri del Medioevo cristiano, è di non fermarsi a essa. Solo un Occidente unito è in grado di dialogare, e di costruire percorsi comuni, con l’Oriente e con il Sud del mondo. L’Italia ha collocazione geografica, tradizione religiosa, e oggi anche volontà politica per promuovere ricomposizioni. È percepita quale interlocutore affidabile e autorevole dai popoli e da tante elité politiche africane – lo attestano l’accoglienza e il successo delle prime applicazione del Piano Mattei -, e al tempo stesso dalle leadership del “Mediterraneo globale”, fino alle potenze del Golfo. Loro non dubitano del nostro radicamento in Occidente, ma hanno aperto o riaperto con interesse canali di interlocuzione con l’Italia, perché ritengono quest’ultima utile e importante.

Per “lasciare terra sana e pulita da coltivare”, oltre al tempo è necessaria la fatica. Agli Universitari che incontra il 26 marzo 1981, San Giovanni Paolo II consegnava un insegnamento straordinario: “Essere liberi (…) non vuol dire godimento ma fatica: la fatica della libertà”.

E qui soccorre la speranza, cui avete dedicato questa due giorni. La speranza non disegna sogni facili, impegna in percorsi faticosi e difficili. Più difficili sono più esigono speranza. La speranza facile non esiste: se è facile non è speranza, al massimo è una illusione. 

L’ecologia della politica va alimentata con la speranza. Di fronte alle tragedie che agitano il mondo – ai missili, alle devastazioni, alla fame -, la speranza fa guardare al futuro. Per questo portiamo in Italia centinaia di bambini provenienti dalle zone di guerra, a cominciare da Gaza, e assicuriamo loro le cure necessarie; per questo contrastiamo i trafficanti di uomini, e così riduciamo drasticamente le morti in mare dei migranti; per questo interveniamo nelle nostre periferie col ‘modello Caivano’, che ormai esportiamo in varie aree di degrado, e nelle periferie esistenziali delle dipendenze dalle varie droghe. 

La speranza è inseparabile dalla fede, che così profondamente continua a permeare la nostra Nazione. Noi siamo nati e cresciuti in un contesto cristiano, al di là della personale professione religiosa, ma forse siamo propensi a dare tutto per scontato, e questo rischia di non farci cogliere la ricchezza dell’Italia. 

Per apprezzare quello che abbiamo, anche sul versante delle ricadute civili della fede, proviamo a fare l’esercizio di come sarebbe un mondo senza millenni di cristianesimo. Non è difficile; guardiamo, per es., a una delle manifestazioni artistiche più elevate dell’antichità pre-cristiana: le tragedie dei Greci. Sono affascinanti ancora adesso: ma ci raccontano di quanto sia vero che, come ricordava don Fabio Rosini in una recente omelia, alla fine ciò che connota l’uomo è la sua relazione con il futuro. Tutto dipende dal modo di pensare ciò che ho davanti. Se il mio futuro è un cielo oscuro senza stelle, vivo nell’oppressione, e – come Edipo – vedo nella morte la liberazione da una condizione insuperabile di dolore, ovvero – come Elettra – trovo nella vendetta più atroce l’appagamento della mia sofferenza. Stiamo tornando a quel modo di pensare? Se invece sono consapevole che il futuro è nelle mani di un Padre buono, sono certo che a me provvede la Provvidenza: conosco il mio domani, so dove va la mia esistenza. 

La fede c’entra sempre. Una delle aree di disagio interessate dagli interventi ‘modello Caivano’ è il quartiere Borgo Nuovo di Palermo, esempio di un’edilizia che sintetizza al meglio il mix tra mafia e Prima repubblica praticata in quei luoghi negli anni 1960 e 1970. A Borgo Nuovo c’è una chiesa, dedicata all’Apostolo Paolo: pur essendo stata costruita in quel periodo, è chiusa già da vent’anni, perché cadeva a pezzi. È diventata una cosa di mezzo fra un magazzino e una discarica: le funzioni religiose si celebrano nelle stanze della canonica.

È venuto giù anche un grande Crocifisso di legno, che nella caduta ha perduto le braccia. Questo Crocifisso, ammaccato e monco degli arti superiori, per anni e fino a ieri giaceva su quello che era l’altare principale, coperto da un lenzuolo. Ieri col commissario di governo Ciciliano e con le autorità di Palermo abbiamo programmato i lavori, riunendoci nei locali della parrocchia. Già da oggi, grazie anche al ministro Bernini, il Crocifisso è stato preso in consegna dall’Accademia delle belle arti di Palermo per essere restaurato.

Dobbiamo ripartire dalla Croce. Non solo per una ragione di fede, ma per una ragione di civiltà: da 2000 anni fino a oggi, ovunque è sorta la civiltà, si è sempre sviluppata attorno a una croce. Attorno al Crocifisso rimesso a nuovo a Borgo Nuovo sarà ricostruita come si deve la chiesa, saranno realizzati centri sportivi, sarà ripristinato il verde, saranno attivate scuole.

Un’ultima parola, se permettete, sulla speranza. La speranza non è sola. L’individualismo non aiuta la speranza. La speranza si alimenta di un amore ricevuto e donato. Per questo una società di persone senza legami, di persone sole, piegate alla ideologia dell’individualismo e dell’autodeterminazione più difficilmente spera. La speranza è una compagnia, come quella che ci lega qui questa sera. E questo per me è ragione di grande speranza.
 

Procedura comparativa per 5 posti di dirigente di II fascia nella dotazione organica dirigenziale della PCM, diario prova scritta

Source: Government of Italy

18 Giugno 2025

Procedura comparativa bandita ai sensi dell’articolo 28 comma 1 ter del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per la copertura di 5 posti di dirigente di II fascia presenti nella dotazione organica dirigenziale della Presidenza del Consiglio dei ministri. Diario della prova scritta.

AFRICA/SUDAN – Si va verso una spartizione del Sudan?

Source: The Holy See in Italian

mercoledì, 18 giugno 2025

Khartoum (Agenzia Fides) –Si va verso una partizione di fatto del Sudan? È quanto si chiedono gli analisti dell’area dopo la presa di controllo del cosiddetto triangolo di confine tra Sudan, Libia ed Egitto da parte delle RSF (Rapid Support Forces) di Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemedti.Secondo i militari delle forze armate regolari (Sudan Armed Forces) comandante dal generale Abdel Fattah al-Burhan, la conquista del triangolo di confine da parte delle RSF è stata facilitata dall’aiuto offerto dal generale Khalifa Haftar, a capo del Libyan National Army (LNA), la fazione libica con base a Bengasi che controlla la Cirenaica, che si oppone al governo di accordo nazionale (Government of National Accord GNA) di Tripoli.Il controllo di questo importante punto di passaggio tra il Sudan e la Libia permette di gestire i traffici leciti e illeciti (in particolare di oro) e di rifornire le forze delle RSF tramite il confine libico. Dopo essere stato cacciato dall’area della capitale Khartoum, il leader delle RSF intende concentrare le proprie forze nella parte occidentale del Sudan, nel Darfur e nel Kordofan (vedi Fides 11/6/2025). Si suppone che la creazione di una via sicura di approvvigionamento e di commercio è funzionale alla strategia di Dagalo di istituire una propria amministrazione nel Darfur, la sua roccaforte. Nei mesi scorsi Dagalo ha proclamato la formazione di un governo alternativo da quello guidato dal generale al-Burhan, (vedi Fides 19/2/2025 e Fides 16/4/2025).Lo scontro tra le fazioni sudanesi ha inoltre una dimensione ideologica ed una internazionale che si intrecciano. Il generale libico Haftar per aiutare le RSF a conquistare la zona della triplice frontiera ha inviato la brigata “Subul al-Salam”, una formazione salafita che si contrappone all’altra espressione dell’Islam politico incarnato dai Fratelli Musulmani. Questi ultimi sono invisi agli Emirati Arabi Uniti che appoggiano sia Haftar sia le RSF. Gli Emirati per contrastare la Fratellanza Musulmana sembrano disposti a ricorrere, sia pure indirettamente tramite intermediari, a gruppi salafiti specie se sono basati su legami tribali ed etnici, come la brigata Subul al-Salam” formata da membri della tribù Zuwaya.Le SAF del generale Buran hanno potuto riconquistare Khartoum ed altre aree grazie soprattutto alla neocostituita “Hunter Force”, una unità speciale di élite formata tra gli altri da elementi islamisti, legati alla Fratellanza Musulmana.Le influenze esterne nella guerra civile sudanese sono infine esemplificate dalla “guerra dei dronti” (vedi Fides 16/5/2025), con le RSF che impiegano droni di fabbricazione cinese forniti dagli Emirati e l’esercito droni turchi forniti da Ankara, che appoggia il generale Buran. (L.M.) (Agenzia Fides 18/6/2025)
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ASIA/FILIPPINE – Processo di impeachment della vicepresidente Duterte: i cattolici seguono lo spirito della “Oratio imperata”

Source: The Holy See in Italian

Archdiocese of Manila

Manila (Agenzia Fides) – “C’è stato e vi è tuttora un dibattito acceso nel paese quando è stato rinviato in Senato il voto per l’impeachment della vice presidente Sara Duterte.  L’opinione pubblica appare divisa. Come comunità ecclesiale, seguendo questi eventi politici, possaimo dire che la bussola resta sempre il bene comune. E lo spirito con cui guardiamo e valutiamo questi eventi è quello della ‘Oratio Imperata’ che abbiamo recitato ogni domenica a Manila, in tutte le chiese, prima delle elezioni”, dice all’Agenzia Fides  p. Esteban Lo, Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie nelle Filippine.In quel momento pre-elettorale – segnato anche dalla incriminazione dell’ex presidente Rodrigo Duterte davanti alla Corte penale Internazionale – il Cardinale José Advincula, Arcivescovo di Manila, invitò i fedeli “a essere aperti a una continua conversione verso la verità, la giustizia e la pace”. Padre Lo ricorda alcuni passaggi della Oratio Imperata, in cui la preghiera chiede a Dio: “Stendi ancora una volta la tua mano potente e guida la nostra nazione, in questo momento di crisi”; “lascia che la luce della verità brilli per guidarci lungo il cammino che conduce all’unità e alla pace”;  “fa’ sgorgare la giustizia, aprendo la strada alla guarigione e alla riconciliazione”.Nel febbraio scorso,  la Camera dei rappresentanti, con 215 voti su 306,  aveva approvato l’impeachment contro Sara Duterte per  accuse come  appropriazione indebita, corruzione e concussione. Per proseguire, il procedimento deve passare per un voto del Senato. Dopo le elezioni del 12 maggio e la composizione del Senato,  nell’assise è stato costituito un apposito  tribunale di impeachment, che dovrà esaminare il caso e gestire il processo a carico della vicepresidente Duterte. Il 10 giugno i senatori hanno votato per rinviare quella serie di denunce alla Camera dei Rappresentanti a causa di questioni legali e procedurali, causando la proteste di attivisti e il disappunto  di parte dell’opinione pubblica.  Il portavoce della corte di impeachment del Senato, l’avvocato Regie Tongol, ha respinto l’accusa di voler  “temporeggiare” spiegando  le procedure necessarie come: l’organizzazione formale della corte di impeachment; l’adozione di norme procedurali e supplementari; l’emissione di un ordine di conformità alla Camera dei rappresentanti per questioni giurisdizionali; il rilascio della citazione a Duterte e la ricezione dell’atto di comparizione formale degli avvocati difensori.In questa fase la Conferenza episcopale delle Filippine, in un messaggio pubblico firmato dal presidente della conferenza, il Cardinale Pablo Virgilio David, ha esortato  il Senato del Paese ad agire, affermando che questo atto è “un dovere costituzionale, non un’opzione politica”. L’azione della Chiesa – ricorda la nota –  non nasce da interessi di parte, ma affonda le sue radici nella dottrina sociale cattolica, “che sostiene la verità, la giustizia e il bene comune”. “La ricerca della verità non è un’agenda politica; è un imperativo morale”; “lasciate che la coscienza guidi le vostre azioni. Lasciate che la verità faccia il suo corso”, si legge nell’appello.Anche l’Arcivescovo di Lingayen-Dagupan, Socrates Villegas, ha ammonito che  ritardare il processo di impeachment della vicepresidente Sara Duterte”non è solo un “fallimento politico, morale e spirituale da parte dei funzionari pubblici”, ma è anche un “grave peccato di omissione contro il bene comune” che offende la verità, la giustizia e il diritto dei cittadini a essere chiamati a rispondere delle proprie azioni.La più grande rete di istituzioni educative cattoliche del Paese, la Catholic Educational Association of the Philippines (CEAP) si è unita all’appello, sollecitando il Senato perchè ché non ritardi il processo di impeachment, definendolo un “imperativo costituzionale, morale e democratico”.(PA) (Agenzia Fides 18/6/2025)
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AFRICA/NIGERIA – “E’ inspiegabile tanta crudeltà verso centinaia di persone innocenti” dice il vescovo ausiliare di Minna

Source: The Holy See in Italian

mercoledì, 18 giugno 2025

Barr. Frank Utoo

Minna (Agenzia Fides) – “Quello che è accaduto a Makurdi è veramente orribile” dice all’Agenzia Fides Luka Sylvester Gopep, vescovo ausiliare della diocesi di Minna, in merito alla strage avvenuta nella notte tra il 13 e il 14 giugno nello Stato di Benue (vedi Agenzia Fides 16/6/2025).Nella conversazione con il vescovo Gopep il presule non nasconde il profondo dolore nel parlare di questo tragico ennesimo episodio di violenza che colpisce il paese.“E’ inspiegabile, tanta crudeltà verso centinaia di persone. E’ difficile capire perchè i Fulani, autori del massacro, abbiano agito così – rimarca Gopep. Resta il fatto che Makurdi è un’area a predominanza cristiana, e i Fulani sono prevalentemente musulmani provenienti dalla parte settentrionale del Paese, mentre Makurdi si trova nella fascia centrale del Paese. La diocesi di Minna, Stato del Niger, si trova tra due diocesi prima di arrivare a Makurdi: l’arcidiocesi di Abuja e la diocesi di Lafiya. Lo scorso 29 maggio l’area di Minna è stata violentemente colpita da alluvioni che hanno causato oltre 200 morti e migliaia di sfollati, tra i quali più di un migliaio di bambini.”Il presule rende inoltre noto che Bola Ahmed Adekunle Tinubu, Presidente della Nigeria dal 29 maggio 2023, è atteso a Makurdi nella giornata di oggi 18 giugno 2025.(AP) (Agenzia Fides 18/6/2025)
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