Il Governo ha nominato la direttrice del nuovo organo di vigilanza per la protezione dei dati

Source: Switzerland – Canton Government of Grisons in Italian

Il Governo ha nominato Gabriela Huber quale direttrice dell’organo di vigilanza per la protezione dei dati. La giurista assumerà la sua nuova funzione il 1° gennaio 2026. L’organo di vigilanza per la protezione dei dati sarà istituito nel quadro della nuova legge sulla protezione dei dati del Cantone dei Grigioni.

Il Governo ha nominato l’avvocata 57enne Gabriela Huber quale direttrice dell’organo di vigilanza per la protezione dei dati. Gabriela Huber vanta oltre 25 anni di esperienza all’interno dell’Amministrazione cantonale: dapprima ha lavorato per sei anni quale collaboratrice giuridica presso il Dipartimento di giustizia, sicurezza e sanità e in seguito, fino a oggi, ha lavorato per 19 anni nella direzione del servizio giuridico dell’Ufficio dell’igiene pubblica.

Il nuovo organo di vigilanza cantonale per la protezione dei dati composto da tre persone verrà istituito con effetto al 1° gennaio 2026. Tale organo sarà indipendente nell’esercizio delle sue funzioni, dal punto di vista amministrativo sarà subordinato alla Cancelleria dello Stato e vigilerà sull’applicazione delle disposizioni sulla protezione dei dati conformemente alla nuova legge cantonale sulla protezione dei dati. Al contempo sensibilizzerà tra l’altro i diversi gruppi di interesse, come ad esempio le autorità cantonali, regionali e comunali, fornirà raccomandazioni e si occuperà di segnalazioni relative a violazioni della sicurezza dei dati.

Fotografia:

Persona di riferimento:

Daniel Spadin, Cancelliere, Cancelleria dello Stato, tel. +41 81 257 22 21 (raggiungibile dalle ore 11:00 alle ore 12:00), e‑mail Daniel.Spadin@staka.gr.ch

Organo competente: Governo

Comunicato del Governo del 12 giugno 2025

Source: Switzerland – Canton Government of Grisons in Italian

Il Governo ha deciso l’adeguamento del Piano direttore cantonale nel settore energia (PDC-E) e lo ha inoltrato per approvazione alla Confederazione. Con il PDC-E il Cantone crea importanti presupposti per la promozione delle energie rinnovabili, per la sicurezza dell’approvvigionamento e per il raggiungimento degli obiettivi climatici, soddisfacendo al contempo i requisiti posti dalla legge.

Il motivo di tale adeguamento è da ricondurre alla «Strategia energetica 2050» accolta dal Popolo svizzero nel 2017. Conformemente alla legge sull’energia sottoposta a revisione, i Cantoni sono tenuti a elaborare delle basi che definiscano i territori e le sezioni di corsi d’acqua adeguati per la produzione di elettricità. Il piano direttore categorizza circa 1000 sezioni di corsi d’acqua per quanto riguarda la loro idoneità per l’impiego della forza idrica, tenendo conto degli interessi di protezione e di sfruttamento. Inoltre esso offre una panoramica di tutti i progetti di centrali idroelettriche rilevanti per il piano direttore, indipendentemente dal loro stato di pianificazione. Sulla base di una ponderazione degli interessi adeguata al livello, nella quale sono confluiti tra l’altro 62 criteri di protezione, sono stati definiti 16 territori per impianti eolici. I territori per impianti solari di interesse nazionale seguiranno in un secondo momento, poiché la base legale è stata creata solo a metà 2024. In caso di progetti concreti per impianti eolici e solari rilevanti per il piano direttore sarà imperativamente necessaria una votazione comunale. In tal modo i comuni potranno decidere in definitiva se desiderano o meno un impianto sul loro territorio. Fino a quando sarà disponibile la strategia energetica globale cantonale, gli obiettivi di produzione presentati nel piano direttore si conformano alle direttive nazionali conformemente all’articolo 2 della legge sull’energia. Nel 2023, durante l’esposizione pubblica del PDC-E della durata di sei mesi sono pervenute circa 300 prese di posizione con un totale di 3000 richieste. Queste sono confluite in maniera completa nella rielaborazione del PDC-E. I lavori sono avvenuti nel contesto degli sviluppi di politica energetica, in particolare in vista della «legge federale su un approvvigionamento elettrico sicuro con le energie rinnovabili» approvata a giugno 2024, delle cui direttive il piano direttore tiene già conto. Nel «progetto sull’acceleramento» ancora in consultazione, il PDC-E tiene inizialmente conto solamente degli obiettivi.

ASIA/CINA – Nomina del Vescovo Ausiliare di Fuzhou

Source: The Holy See in Italian

mercoledì, 11 giugno 2025

Città del Vaticano (Agenzia Fides) – Oggi, mercoledì 11 giugno 2025, ha avuto luogo il riconoscimento agli effetti civili e la presa di possesso dell’Ufficio di S.E. Mons. Giuseppe Lin Yuntuan, che il Santo Padre, nel quadro del dialogo relativo all’applicazione dell’Accordo Provvisorio tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese, ha nominato, in data 5 giugno 2025, Vescovo Ausiliare di Fuzhou (Provincia del Fujian, Cina).S.E. Mons. Giuseppe Lin Yuntuan è nato a Fuqing (Fujian) il 12 marzo 1952. Dal 1979 al 1983 ha frequentato il Seminario Diocesano di Fuzhou. È stato ordinato sacerdote il 9 aprile 1984. Dal 1984 al 1994 e, ancora, dal 1996 al 2002 ha ricoperto l’Ufficio di Parroco in varie Parrocchie della Diocesi. Nel 1985 ha anche svolto l’incarico di insegnante nel Seminario Diocesano. Dal 1994 al 1996 e, poi, dal 2000 al 2003 ha svolto l’incarico di Vice-Direttore della Commissione Economica diocesana. Nel medesimo tempo, per diversi anni, è stato Delegato episcopale. Dal 2003 al 2007 ha ricoperto l’Ufficio di Amministratore diocesano, mentre nel periodo successivo, fino al 2013, ha coadiuvato l’Amministratore Apostolico della circoscrizione in qualità di suo Delegato. In seguito, dal 2013 al 2016, ha svolto il Ministero di Amministratore Apostolico ad nutum Sanctae Sedis. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 28 dicembre 2017.(EG) (Agenzia Fides 11/06/2025)
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AFRICA/SUDAN – Il Kordofan è il nuovo epicentro del conflitto sudanese

Source: The Holy See in Italian

mercoledì, 11 giugno 2025 guerre  

Khartoum (Agenzia Fides) – Il Kordofan è diventato il principale teatro della guerra che dal dicembre 2023 oppone l’esercito sudanese (Sudan Armed Forces – SAF) alle Forze di Supporto Rapido (RSF).La regione è divisa in tre Stati federali: Kordofan Settentrionale, Kordofan Meridionale e Kordofan Occidentale. La sua importanza strategica deriva dal fatto che è collocata al centro del Sudan, separando il Darfur, la regione occidentale del Paese che è la roccaforte delle RSF, dalle aree orientali dove l’esercito ha di recente scacciato i paramilitari delle RSF, in particolare dell’area di Khartoum.Per questo motivo l’esercito ha dispiegato nel Kordofan ingenti forze, che dispongono inoltre di linee di rifornimento facilmente raggiungibili dalle retrovie. I soldati delle SAF stanno avanzando lungo la strada di Saderat nel tentativo di conquistare Bara, la più grande città sotto il controllo delle RSF nel Kordofan Settentrionale. Le RSF hanno invece attaccato posizioni governative a Babanusa, nel Kordofan occidentale.Per le RSF perdere il controllo del Kordofan, significa aprire la strada ai propri avversari al Darfur. Per questo i paramilitari guidati da Mohamed Hamdan “Hemedti” Dagalo hanno decretato la mobilitazione generale per far fronte all’offensiva delle SAF.Si segnalano inoltre attacchi con droni sia da parte dell’esercito sia da parte dei paramilitari. Nel primo caso sono state prese di mira le posizioni delle RSF nelle città di Bara e Gabrat al-Sheikh, a nord e nord-ovest di Obeid, la capitale del Kordofan settentrionale, oltre che a Nyala, la capitale del Darfur meridionale e centro nevralgico delle RSF. Nel secondo caso i droni lanciati dai paramilitari hanno colpito le posizioni dell’esercito ad El Obeid, controllata dai militari ma circondata dalle RSF.Il conflitto ha sempre più una dimensione internazionale. Le SAF hanno accusato che le RSF, supportate dall’esercito nazionale libico di Khalifa Haftar di aver attaccato alcuni posti di frontiera nel triangolo di confine tra Libia, Egitto e Sudan.In una nota il Ministero degli Esteri sudanese ha accusato gli Emirati Arabi Uniti di sostenere l’attacco, descrivendolo come una “pericolosa escalation” e una “chiara violazione del diritto internazionale”. ” Il confine tra Sudan e Libia è da tempo un importante corridoio per armi e mercenari a sostegno delle milizie terroristiche finanziate dagli Emirati Arabi Uniti e coordinate dalle forze di Haftar e dai gruppi terroristici affiliati “, ha affermato il Ministero.Accuse respinte dal generale libico. Si tenga conto che Haftar riceve supporto dagli Emirati ma pure dall’Egitto che è uno dei principali sostenitori delle SAF. (L.M.) (Agenzia Fides 11/6/2025)
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ASIA/MYANMAR – Amare il nemico in tempo di guerra: il  Giubileo dei movimenti ecclesiali in Myanmar

Source: The Holy See in Italian

Archdiocese of Yangon

Yangon (Agenzia Fides) – “Amare il prossimo; amare per primi; amare i nemici”. Sono le parole del Vangelo, sono le parole di Cristo, e sono le parole che ogni cristiano è chiamato a vivere nel contesto del Myanmar, segnato da sofferenza, violenza, lutti, conflitto, lotta per la sopravvivenza, sfollamento. E’ la riflessione che ha pervaso la mente e il cuore dei battezzati birmani, che hanno vissuto la Pentecoste come un momento di profonda revisione spirituale, nel loro “qui e ora”. Come accogliere e come vivere lo Spirito di Dio, nel contesto del Myanmar di oggi? si sono chiesti  i membri di movimenti e associazioni cattoliche, riuniti nella Cattedrale di Santa Maria a Yangon per celebrare il “Giubileo dei movimenti ecclesiali”, in occasione della Pentecoste.Come appreso dall’Agenzia Fides, famiglie e tanti giovani hanno preso parte alla celebrazione giubilare del 7 e 8 giugno, che ha riunito membri di diverse associazioni e movimenti ecclesiali, locali e internazionali, giunti da diverse parti del paese: affrontando molte difficoltà, i fedeli si si sono messi in cammino, mossi dalla gioia di condividere l’incontro con Cristo che dona la forza di non soccombere al male e alla sofferenza causata dalla violenza. Tra gli altri, vi erano laici legati alla congregazione di San Vincenzo de’ Paoli, del movimento dei Focolari, della Famiglia Missionaria di Cristo, dell’associazione cattolica ecumenica “Fondacio”, della  Associazione per la diffusione del Vangelo.I fedeli hanno varcato la Porta Santa e celebrato il loro Giubileo con il canto e la preghiera.  Rappresentanti scelti da ciascun movimento hanno presentato i propri movimenti e le proprie missioni, condividendo le esperienze  e loro attività, come aiutare i poveri, visitare i malati, pregare in comunità e prendersi cura degli sfollati.Nel difficile contesto che il Paese sta vivendo, i fedeli si sono ritrovati come un popolo di credenti che, animati dallo Spirito Santo, che ha dato vita ai diversi carismi, sono “sale, luce e lievito” evangelico in ogni situazione della vita e in ogni angolo del Paese, pur in mezzo a tanti disagi e a tanta violenza. La presenza di movimenti e associazioni organizzate di fedeli si rivela un dono di Dio soprattutto per il cammino di fede e per la vita quotidiana di famiglie e giovani che soffrono a causa dell’insicurezza diffusa, dovuta alla guerra, e a causa del recente terremoto. Tra le testimonianze, la signora Winny, del Movimento dei Focolari in Myanmar, ha ricordato che “l’amore per il prossimo inizia  in casa propria” e che, ogni volta che ci sono difficoltà che vanno oltre la comprensione umana, bisogna rivolgere lo sguardo a Cristo Signore, appeso alla croce.In Cattedrale i fedeli hanno potuto formarsi in adorazione del Santissimo Sacramento e vivere il Sacramento della riconciliazione . E’ seguita la celebrazione eucaristica  presieduta da  Mons. Francis Than Tun, Vescovo Ausiliare dell’Arcidiocesi di Yangon.  Intervento in assemblea, mons. Raymond Wai Lin Tun, altro Vescovo ausiliare di Yangon,  ha affermato che i movimenti ecclesiali “vivono il Vangelo nella comunità con lo spirito del rinnovamento spirituale personale e per l’evangelizzazione”, grazie a esperienze di formazione, vita comunitaria, solidarietà, servizio al prossimo. Essi, ha rimarcato, svolgono un ruolo  importante nella Chiesa del Myanmar, perchè sono “testimoni viventi di Cristo”, rimarcando l’importanza di “essere un tutt’uno con la Chiesa”.Tra i presenti,  Mons. Andrea Ferrante, Incaricato d’Affari della Nunziatura Apostolica in Myanmar, ha portato i saluti e le benedizioni di Papa Leone XIV e ha chiesto di pregare per lui e per il suo ministero. Ha poi invitato a ricordare nella preghiera Papa Francesco, che ha tanto  pregato e aiutato il Myanmar. “Il dono dello Spirito dà vita; lo Spirito Santo ci porta nuova vita, amore, pace e libertà”, ha detto, invitando a compiere gesti di vicinanza verso i fedeli che non hanno potuto essere presenti a causa dell’insicurezza e del terremoto. (PA) (Agenzia Fides 11/6/2025)
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Gestione del traffico: durante i giorni festivi, il traffico di transito è stato inferiore al 40 per cento

Source: Switzerland – Canton Government of Grisons in Italian

In occasione dei giorni festivi di primavera, il volume di traffico nel Cantone si è concentrato molto su alcune ore di pochi giorni. Le cifre più recenti mostrano che meno del 40 per cento è da attribuire al traffico esclusivamente di transito.

I dati dei contatori del traffico dell’Ufficio federale delle strade (USTRA) mostrano un quadro chiaro della situazione: solo una parte dei veicoli che all’inizio delle festività primaverili (Ascensione, Pentecoste) entra nel Cantone dei Grigioni in direzione sud sulla A13 a Bad Ragaz supera anche la galleria del San Bernardino e poi lascia il Cantone verso sud. Questo schema è ancora più marcato in relazione al traffico di rientro: al termine dei giorni festivi, sulla A13 a Bad Ragaz il numero di veicoli che lasciano il Cantone in direzione nord è nettamente superiore rispetto a quello dei veicoli che sono arrivati da sud attraverso il San Bernardino.

La differenza tra le cifre rilevate dai due punti di misurazione mostra che la quota di traffico di transito è inferiore al 40 per cento. Oltre il 60 per cento dei veicoli rimane nel Cantone o lo lascia seguendo un altro percorso.

Infrastrutture al limite – misure per gli insediamenti
Durante un normale giorno feriale, tra le 17 e le 18 in media circa 2300 veicoli transitano nei pressi de contatore del traffico di Bad Ragaz in direzione nord. Nelle ore di punta dell’Ascensione e di Pentecoste i veicoli sono stati oltre 3200 all’ora. Con questo volume di traffico viene raggiunto il limite di capacità dell’infrastruttura della strada nazionale; ne conseguono traffico congestionato, code e traffico di aggiramento.

Le misure dell’Ufficio tecnico dei Grigioni (UT), ad esempio i dosaggi per gestire il flusso di traffico, mostrano l’effetto auspicato e vengono costantemente adeguate alle esigenze. L’obiettivo delle misure è ridurre al minimo il traffico di aggiramento dall’autostrada alla strada cantonale, migliorare il flusso del traffico nelle località, garantire il transito senza ostacoli per le organizzazioni di primo intervento e per il trasporto pubblico e proteggere la popolazione locale da immissioni supplementari.

L’ulteriore sviluppo delle misure avviene in stretta collaborazione con i comuni interessati. In vista dei prossimi anni, nel quadro di un progetto pilota l’UT ha installato a Zizers un impianto semaforico parzialmente automatizzato per raccogliere esperienze in merito alla possibilità e all’opportunità di un esercizio parzialmente o totalmente automatizzato (vedi comunicato stampa del 10 febbraio 2025).

Grafici

Aiuto per l’interpretazione: la superficie grigia tra le due linee rappresenta la quota di veicoli che rimangono nel Cantone o che lo lasciano seguendo un altro percorso.

Grafico 1: Ascensione 2025, traffico in direzione sud

Grafico 2: Ascensione 2025, traffico di rientro in direzione nord

Grafico 3: Pentecoste 2025, traffico in direzione sud

Grafico 4: Pentecoste 2025, traffico di rientro in direzione nord

Persona di riferimento:

  • Andreas Pöhl, responsabile della gestione del traffico, Ufficio tecnico, tel. +41 81 257 37 62 (raggiungibile tra le ore 14:00 e le ore 15:30), e‑mail Andreas.Poehl@tba.gr.ch
  • Reto Knuchel, ingegnere cantonale, Ufficio tecnico, tel. +41 81 257 37 01 (raggiungibile tra le ore 14:00 e le ore 15:00), e‑mail Reto.Knuchel@tba.gr.ch

Organo competente: Ufficio tecnico

AFRICA/CENTRAFRICA – “Basta violenze nella nostra diocesi” chiedono i due Vescovi di Bangassou

Source: The Holy See in Italian

Bangui (Agenzia Fides) – Noi, vescovi di Bangassou, insiemea ll’intera comunità cattolica, siamo profondamente preoccupati per la violenza che colpisce Haut Mbomou”. Così Juan Josè Aguirre, Vescovo di Bangassou e Aurelio Gazzera, Vescovo Coadiutore della diocesi nel sud-est della Repubblica Centrafricana, scrivono nella lettera che è stata letta nel corso delle messe parrocchiali domenica 8 giugno.“Non possiamo accettare che il sud-est del nostro Paese, la Repubblica Centrafricana, sia teatro di violenze di ogni tipo, una terra da cui la gente fugge, una terra di desolazione” scrivono i due Vescovi.“Piangiamo decine di morti nelle ultime settimane” sottolineano.Nella loro lettera, i Vescovi Aguirre e Gazzera, ricordano che “il sud-est è in lutto da decenni, una terra ambita e sfruttata prima dai Tongo-Tongo dell’LRA, poi dai Seleka e infine dagli Azande Ani Kpi Gbe; quest’ultimo movimento, nato per proteggere la popolazione dalle violenze dell’UPC e di altri ex gruppi armati, rischia di diventare un pericolo per la popolazione stessa”. L’LRA (Lord’s Resistance Army) è un movimento di guerriglia nato in Uganda che ha seminato morte e distruzione in questa parte del Centrafrica per diversi anni. Seleka è una serie di milizie nate durante la guerra civile nel 2012, mentre l’UPC (Unité pour la Paix en Centrafrique) è un gruppo nato nel 2014 da una scissione dei Seleka.A questi gruppi si sono aggiunti più di recente i mercenari della compagnia militare privata russa Wagner, che operano formalmente in supporto alla forze armate centrafricane (FACA), ma che si sono resi responsabili di gravi violenze contro civili innocenti.“Nelle ultime settimane abbiamo pianto i morti: le Forze di Sicurezza Interna, così come i civili. Civili colpiti, feriti, torturati e sgozzati nella più totale impunità” denunciano Mons. Aguirre e Mons. Gazzera. “Piangiamo con le migliaia di civili costretti a fuggire da Zemio, Mboki e Djema, tra cui decine di migliaia diretti nella Repubblica Democratica del Congo. Piangiamo con i villaggi bombardati, saccheggiati e incendiati”.“Tutto questo deve finire: la violenza non finirà. Al contrario! La violenza genera solo altra violenza, divisione e miseria, odio, sfiducia e, in definitiva, un circolo vizioso di vendetta” avvertono i Vescovi.“Chiediamo a tutte le parti coinvolte: Azande Ani Kpi Gbe, FACA, Wagner e alla popolazione, di porre fine alla violenza e di impegnarsi affinché questa regione remota e isolata, senza strade né comunicazioni, possa vivere in pace e diventare una terra dove ogni donna, ogni uomo, ogni bambino, ogni giovane, possa guardare alla vita e al futuro con speranza” chiedono Mons. Aguirre e Mons. Gazzera.“La Chiesa cattolica, che in queste settimane ha aperto le porte delle Missioni di Zemio, Mboki e Obo, è sempre pronta e disponibile ad accogliere quanti hanno buona volontà attorno a un tavolo di discussione e a lavorare per la pace, la riconciliazione e lo sviluppo nella regione” ricordano i due Vescovi.“Non è il momento della guerra, ma del dialogo! Non è più il momento della violenza, ma dell’ascolto! Non è il momento di abbandonarsi a sospetti, rancori, accuse generiche e gelosie, ma di ascoltare i poveri che gridano e chiedono la pace! Preghiamo e imploriamo la pace. Ma siamo donne e uomini di pace, nei nostri pensieri, nelle nostre parole e nelle nostre azioni. La pace sia con voi!” concludono. (L.M.) (Agenzia Fides 10/6/2025)
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ASIA/LIBANO – Nasce MECC TV, l’emittente “ecumenica” del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente

Source: The Holy See in Italian

MECC

Libano (Agenzia Fides) – Una nuova emittente televisiva e radiofonica “ecumenica”, strumento di testimonianza condivisa per le Chiese e comunità ecclesiali del Medio Oriente. Si chiama MECC TV e ha iniziato oggi, 10 giugno, le sue trasmissioni sperimentali di collaudo. E’ la nuova iniziativa mediatica messa in campo dal Consiglio delle Chiese del Medio Oriente (Middle East Council of Churches, MECC), l’organismo ecumenico che sta ancora celebrando il 50esimo anno dalla sua istituzione, avvenuta nel 1974..L’iniziativa era stata presentata in una conferenza stampa svoltasi ieri, lunedì 9 giugno a Beirut, presso la sede della Segreteria generale del MECC.Nel corso della conferenza, la responsabile dei media Lea Adel Maamary, direttrice della Piattaforma della Parola presso il MECC, ha sottolineato che il primo compito dei media cristiani “in mezzo ai pericoli e alle sorprese è quello di dare forza al proprio popolo”, contribuendo a custodire il patrimonio storico e ecclesiale delle singole Chiese. Mentre il sacerdote giordano Rifaat Bader, iniziatore e caporedattore del sito d’informazione abouna.org, nel suo intervento da remoto ha sottolineato che l’iniziativa ecumenica, volta a unire i cristiani nell’annuncio del Vangelo attraverso i mezzi di comunicazione, prende forma proprio mentre si celebrano i 1700 anni dal Concilio di Nicea che definì la professione di fede oggi recitata da battezzati di confessioni diverse.Il professor Michel Abs, Segretario Generale del MECC, nel suo intervento, parlando da accademico e analista dei processi sociali, ha rilevato come nell’attuale contesto la manipolazione e l’occultamento di informazioni possono arrivare a costituire un vero e proprio crimine, mentre trasmettere e diffondere la conoscenza, per il bene comune “costituisce un dovere umano, nazionale e religioso”.Il Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, fondato nel 1974 a Nicosia e attualmente con sede a Beirut, ha lo scopo di facilitare la convergenza delle comunità cristiane mediorientali su temi di comune interesse e favorire il superamento di contrasti di matrice confessionale.Al MECC aderiscono una trentina di Chiese e comunità ecclesiali, appartenenti a quattro “famiglie” diverse: quella cattolica, quella ortodossa, quella ortodossa orientale e quella evangelica. (GV) (Agenzia Fides 10/6/2025)
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AFRICA/CENTRAFRICA – Basta violenze nella nostra diocesi” chiedono il Vescovo e il Coadiutore di Bangassou

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Bangui (Agenzia Fides) – Noi, vescovi di Bangassou, insiemea ll’intera comunità cattolica, siamo profondamente preoccupati per la violenza che colpisce Haut Mbomou”. Così Mons. Juan Josè Aguirre, Vescovo di Bangassou e Mons. Aurelio Gazzera, Vescovo Coadiutore della diocesi nel sud-est della Repubblica Centrafricana, scrivono nella lettera che è stata letta nel corso delle messe parrocchiali domenica 8 giugno.“Non possiamo accettare che il sud-est del nostro Paese, la Repubblica Centrafricana, sia teatro di violenze di ogni tipo, una terra da cui la gente fugge, una terra di desolazione” scrivono i due Vescovi.“Piangiamo decine di morti nelle ultime settimane” sottolineano.Nella loro lettera Mons. Aguirre e Mons. Gazzera, ricordano che “il sud-est è in lutto da decenni, una terra ambita e sfruttata prima dai Tongo-Tongo dell’LRA, poi dai Seleka e infine dagli Azande Ani Kpi Gbe; quest’ultimo movimento, nato per proteggere la popolazione dalle violenze dell’UPC e di altri ex gruppi armati, rischia di diventare un pericolo per la popolazione stessa”. L’LRA (Lord’s Resistance Army) è un movimento di guerriglia nato in Uganda che ha seminato morte e distruzione in questa parte del Centrafrica per diversi anni. Seleka è una serie di milizie nate durante la guerra civile nel 2012, mentre l’UPC (Unité pour la Paix en Centrafrique) è un gruppo nato nel 2014 da una scissione dei Seleka.A questi gruppi si sono aggiunti più di recente i mercenari della compagnia militare privata russa Wagner, che operano formalmente in supporto alla forze armate centrafricane (FACA), ma che si sono resi responsabili di gravi violenze contro civili innocenti.“Nelle ultime settimane abbiamo pianto i morti: le Forze di Sicurezza Interna, così come i civili. Civili colpiti, feriti, torturati e sgozzati nella più totale impunità” denunciano Mons. Aguirre e Mons. Gazzera. “Piangiamo con le migliaia di civili costretti a fuggire da Zemio, Mboki e Djema, tra cui decine di migliaia diretti nella Repubblica Democratica del Congo. Piangiamo con i villaggi bombardati, saccheggiati e incendiati”.“Tutto questo deve finire: la violenza non finirà. Al contrario! La violenza genera solo altra violenza, divisione e miseria, odio, sfiducia e, in definitiva, un circolo vizioso di vendetta” avvertono i Vescovi.“Chiediamo a tutte le parti coinvolte: Azande Ani Kpi Gbe, FACA, Wagner e alla popolazione, di porre fine alla violenza e di impegnarsi affinché questa regione remota e isolata, senza strade né comunicazioni, possa vivere in pace e diventare una terra dove ogni donna, ogni uomo, ogni bambino, ogni giovane, possa guardare alla vita e al futuro con speranza” chiedono Mons. Aguirre e Mons. Gazzera.“La Chiesa cattolica, che in queste settimane ha aperto le porte delle Missioni di Zemio, Mboki e Obo, è sempre pronta e disponibile ad accogliere quanti hanno buona volontà attorno a un tavolo di discussione e a lavorare per la pace, la riconciliazione e lo sviluppo nella regione” ricordano i due Vescovi.“Non è il momento della guerra, ma del dialogo! Non è più il momento della violenza, ma dell’ascolto! Non è il momento di abbandonarsi a sospetti, rancori, accuse generiche e gelosie, ma di ascoltare i poveri che gridano e chiedono la pace! Preghiamo e imploriamo la pace. Ma siamo donne e uomini di pace, nei nostri pensieri, nelle nostre parole e nelle nostre azioni. La pace sia con voi!” concludono. (L.M.) (Agenzia Fides 10/6/2025)
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AFRICA/KENYA – “Sia fatta chiarezza sulla morte in custodia cautelare di Albert Ojwang” chiedono i Vescovi

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Albert Ojwang

Nairobi (Agenzia Fides) – “Siamo profondamente turbati dalla tragica e sospetta morte di Albert Ojwang, avvenuta durante la custodia cautelare. La sua morte non è solo una perdita personale per la sua famiglia, ma una dolorosa ferita alla nostra coscienza nazionale e un monito dell’urgente necessità di responsabilità nel nostro sistema giudiziario”. Così la Conferenza Episcopale del Kenya (Kenya Conference of Catholic Bishops -KCCB) è intervenuta per chiedere chiarezza sulla morte di Albert Ojwang, 31enne insegnate e social media influencer, deceduto mentre era detenuto in custodia cautelare, l’8 giugno.Questi era stato arrestato il 6 giugno nell’abitazione di famiglia a Kakot, nella contea di Homa Bay, per un post sui social media che avrebbe diffamato il vice ispettore generale Eliud Lagat. Trasportato per oltre 350 chilometri alla stazione di polizia centrale di Nairobi, è stato accusato di pubblicazione mendace ai sensi delle leggi sulla criminalità informatica. L’8 giugno Ojwang è stato trovato privo di sensi nella sua cella durante un controllo di routine, sembra con ferite alla testa. La polizia ha affermato che si è suicidato dopo aver ripetutamente sbattuto la testa contro il muro della cella, ed è stato dichiarato morto all’arrivo all’ospedale di Mbagathi. L’avvocato della famiglia ha riferito che sono stati riscontrati sul corpo di Ojwang pesanti traumi fisici, tra cui gonfiore alla testa, contusioni e sanguinamento da naso e bocca, incoerenti con il racconto della polizia.L’Ispettorato Generale di Polizia ha sospeso sei agenti in servizio alla stazione di polizia centrale di Nairobi in via precauzionale in attesa di chiarire le esatte dinamiche della morte di Ojwang.“Esprimiamo le nostre più sentite condoglianze alla famiglia e ai cari del defunto Albert Ojwang. Condividiamo il loro dolore e la legittima richiesta di verità e giustizia da parte del pubblico” continua il comunicato dei Vescovi.“Sosteniamo fermamente la direttiva dell’Ispettore Generale di interdire gli agenti coinvolti in questo caso e sollecitiamo che le indagini siano rapide, trasparenti e libere da interferenze. Nessuno è al di sopra della legge e coloro che vengono ritenuti colpevoli devono affrontare tutte le conseguenze legali”.La morte di Ojwang si inserisce in un contesto di forti tensioni, con le proteste della Generazione Z del 2024 (vedi Fides 1/7/2024), che sono state represse con durezza dalla autorità, con 60 morti. Inoltre oltre 100 decessi in custodia cautelare tra il 2020 e il 2024 secondo i dati dell’IPOA, hanno alimentato le richieste di riforma della polizia.Per questo i Vescovi invitato i giovani alla calma. “In questo momento difficile, invitiamo tutti i keniani, in particolare i giovani, a mantenere la calma, la pace e la preghiera. Non lasciamoci indurre alla violenza o alla divisione. La nostra forza sta nella nostra unità e nella nostra richiesta collettiva di giustizia attraverso mezzi legali”.“Ricordiamo alle nostre istituzioni: la misura di una società giusta è il modo in cui tratta i vulnerabili. Che questo non sia un altro caso che viene insabbiato. Che il nome di Albert Ojwang non venga aggiunto a una crescente lista di vittime dimenticate” concludono i Vescovi.Anche il Supremo Consiglio dei Musulmani del Kenya ha chiesto un’inchiesta trasparente sulla morte dell’insegnante, invitando altresì la popolazione alla calma. (L.M.) (Agenzia Fides 10/6/2025)
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