ASIA/COREA DEL SUD – La Chiesa di Seoul ricorda i suoi martiri al Santuario di Seosomun, “vivaio della Chiesa coreana”

Source: The Holy See in Italian

venerdì, 30 maggio 2025

Committee for Communications, Archdiocese of Seoul

Seoul (Agenzia Fides) – La Chiesa di Seoul si è stretta in preghiera nel Santuario di Seosomun, dove nelle scorse ore si è celebrata la memoria del beato Paolo Yun Ji-chung e dei suoi 123 compagni martiri, il cui sangue, alla fine del XVIII secolo, ha fecondato il terreno della nascente Chiesa coreana.A presiedere la solenne liturgia eucaristica – nell’undicesimo anniversario della beatificazione, celebrazione presieduta da Papa Francesco durante il Viaggio Apostolico in Corea del 2014 – l’arcivescovo di Seoul, Peter Soon-taick Chung. A concelebrare il cardinale Andrew Soo-jung Yeom, arcivescovo emerito di Seoul e amministratore apostolico della diocesi di Pyongyang, e il vescovo Job Yo-bi Koo, ausiliare di Seoul, assieme a diverse decine di sacerdoti.Nell’omelia, l’arcivescovo Soon-taick Chung ha riflettuto sull’importanza del luogo dove si è celebrata la Messa. Proprio sul terreno dove sorge il Santuario, infatti, molti cattolici furono uccisi durante le persecuzioni anticristiane della dinastia Joseon. Tra loro oggi si annoverano quarantaquattro santi e ventisette beati.“Questa terra sacra è imbevuta del sangue di coloro che hanno testimoniato il loro amore per Dio attraverso il martirio”, le parole dell’Arcivescovo, che ha sottolineato come questo luogo sia diventato col tempo “il vivaio della Chiesa coreana. Il sacrificio di questi testimoni ha gettato le fondamenta su cui ora poggia la nostra comunità di fede”.“La loro fede rimane un modello vivente, una bussola che ci guida ancora oggi”, ha proseguito l’Arcivescovo di Seoul prima di ci citare le parole che Papa Francesco pronunciò durante la messa di beatificazione: “Erano disposti a fare grandi sacrifici e a rinunciare a tutto ciò che avrebbe potuto separarli da Cristo, perché sapevano che solo Lui era il loro vero tesoro”.E proprio l’esempio di questi martiri “chiama ciascuno di noi a testimoniare l’amore di Dio attraverso un’autentica vita cristiana”. Con le loro azioni, infatti, ha continuato, “ci hanno affidato una missione che esige il nostro amore per il prossimo e la nostra dedizione alla giustizia e alla riconciliazione”.Oggi, dunque, ha concluso l’arcivescovo Soon-taick Chung, “non ci limitiamo a ricordare i martiri, ma rinnoviamo il nostro impegno alla fedeltà di cui sono stati esempio. Il coraggio, la convinzione e l’amore incrollabile che hanno dimostrato devono servire da guida per il nostro presente e per le generazioni future”.L’Arcidiocesi di Seoul ha reso noto che alla celebrazione erano presenti anche i discendenti dei Servi di Dio Kwon Il-shin e Yi Seung-hun, due figure del primo cattolicesimo coreano, a simboleggiare il legame tra quella prima generazione che ha dato la vita per la fede cattolica e la Chiesa di oggi. (F.B.) (Agenzia Fides 30/5/2025)
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ASIA/COREA DEL SUD – Seoul ricorda i suoi martiri al Santuario di Seosomun, “vivaio della Chiesa coreana”

Source: The Holy See in Italian

venerdì, 30 maggio 2025

Committee for Communications, Archdiocese of Seoul

Seoul (Agenzia Fides) – La Chiesa di Seoul si è stretta in preghiera nel Santuario di Seosomun, dove nelle scorse ore si è celebrata la memoria del beato Paolo Yun Ji-chung e dei suoi 123 compagni martiri, il cui sangue, alla fine del XVIII secolo, ha fecondato il terreno della nascente Chiesa coreana.A presiedere la solenne liturgia eucaristica – nell’undicesimo anniversario della beatificazione, celebrazione presieduta da Papa Francesco durante il Viaggio Apostolico in Corea del 2014 – l’arcivescovo di Seoul, Peter Soon-taick Chung. A concelebrare il cardinale Andrew Soo-jung Yeom, arcivescovo emerito di Seoul e amministratore apostolico della diocesi di Pyongyang, e il vescovo Job Yo-bi Koo, ausiliare di Seoul, assieme a diverse decine di sacerdoti.Nell’omelia, l’arcivescovo Soon-taick Chung ha riflettuto sull’importanza del luogo dove si è celebrata la Messa. Proprio sul terreno dove sorge il Santuario, infatti, molti cattolici furono uccisi durante le persecuzioni anticristiane della dinastia Joseon. Tra loro oggi si annoverano quarantaquattro santi e ventisette beati.“Questa terra sacra è imbevuta del sangue di coloro che hanno testimoniato il loro amore per Dio attraverso il martirio”, le parole dell’Arcivescovo, che ha sottolineato come questo luogo sia diventato col tempo “il vivaio della Chiesa coreana. Il sacrificio di questi testimoni ha gettato le fondamenta su cui ora poggia la nostra comunità di fede”.“La loro fede rimane un modello vivente, una bussola che ci guida ancora oggi”, ha proseguito l’Arcivescovo di Seoul prima di ci citare le parole che Papa Francesco pronunciò durante la messa di beatificazione: “Erano disposti a fare grandi sacrifici e a rinunciare a tutto ciò che avrebbe potuto separarli da Cristo, perché sapevano che solo Lui era il loro vero tesoro”.E proprio l’esempio di questi martiri “chiama ciascuno di noi a testimoniare l’amore di Dio attraverso un’autentica vita cristiana”. Con le loro azioni, infatti, ha continuato, “ci hanno affidato una missione che esige il nostro amore per il prossimo e la nostra dedizione alla giustizia e alla riconciliazione”.Oggi, dunque, ha concluso l’arcivescovo Soon-taick Chung, “non ci limitiamo a ricordare i martiri, ma rinnoviamo il nostro impegno alla fedeltà di cui sono stati esempio. Il coraggio, la convinzione e l’amore incrollabile che hanno dimostrato devono servire da guida per il nostro presente e per le generazioni future”.L’Arcidiocesi di Seoul ha reso noto che alla celebrazione erano presenti anche i discendenti dei Servi di Dio Kwon Il-shin e Yi Seung-hun, due figure del primo cattolicesimo coreano, a simboleggiare il legame tra quella prima generazione che ha dato la vita per la fede cattolica e la Chiesa di oggi. (F.B.) (Agenzia Fides 30/5/2025)
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AFRICA/KENYA – “Sia fatta piena luce sulla morte di Padre Maina e di Padre Bett” chiedono i Vescovi

Source: The Holy See in Italian

Nairobi (Agenzia Fides) – “Chiediamo un’indagine approfondita su queste morti, per scoprire le reali circostanze e i veri moventi, al fine di garantire in futuro la sicurezza dei nostri sacerdoti e di tutti i keniani”. Così Mons. Maurice Muhatia Makumba, Arcivescovo di Kisumu e Presidente della Conferenza dei Vescovi cattolici del Kenya (Kenya Conference of Catholic Bishops, KCCB), ha chiesto che sia fatta piena luce sulle circostanze della morte dei due sacerdoti cattolici uccisi a pochi giorni l’uno dell’altro.Padre John Ndegwa Maina, parroco della chiesa di St Louis a Igwamiti, è morto in ospedale il 15 maggio, per un sospetto avvelenamento dopo essere stato ritrovato in gravi condizioni, ma ancora vivo, sul ciglio dell’autostrada Nakuru-Nairobi (vedi Fides 21/5/2025). Prima di morire il sacerdote ha raccontato di essere stato rapito da sconosciuti. Mons. Makumba lo ha definito “un omicidio orribile del quale i responsabili dovranno rispondere di fronte a Dio”.Il 22 maggio è stata la volta di Padre Alloyce Cheruiyot Bett ucciso a colpi d’arma da fuoco da banditi nella valle di Kerio, a Elgeyo Marakwet (vedi 23/5/2025). “Siamo profondamente turbati dal fatto che entrambe le morti siano avvenute con velate intenzioni maligne e misteriose. Desideriamo denunciare la morte di questi ministri di Dio e il senso di insicurezza e impotenza creato da tali incidenti contro i servi di Dio” ha rimarcato.Il Presidente della KCCB ha quindi espresso il “profondo sgomento” dei Vescovi keniani “per quanto sia diventata a buon mercato la vita; gli omicidi vengono presi alla leggera e usati con noncuranza nella lotta politica””Il lavoro svolto dai sacerdoti cattolici va oltre il servizio religioso e l’evangelizzazione. Si estende alla cura degli emarginati, dei dimenticati e dei malati, per portare loro una speranza che non delude”, ha concluso Mons. Makumba. (L.M.) (Agenzia Fides 30/5/2025)
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AFRICA/EGITTO – Il Monastero di Santa Caterina nel Sinai diventa proprietà dello Stato egiziano. Crescono reazioni e preoccupazioni

Source: The Holy See in Italian

venerdì, 30 maggio 2025

di Nikos TzoitisDopo 15 secoli uno dei Monasteri cristiani più importanti e antichi del mondo, il Monastero di Santa Caterina nel monte Sinai, perde la propria autonomia gestionale e diventa proprietà dello Stato egiziano, a seguito di una sentenza del tribunale di Ismailia. Disposizione che solleva serie preoccupazioni per il presente e il futuro del Monastero e della comunità che lo abita.Il Monastero nel monte Sinai fu fondato nel VI secolo d.C. da Giustiniano, e è sopravvissuto a guerre, conquiste e persecuzioni grazie anche al suo status di “Vakuf”, Luogo Sacro da custodire secondo la tradizione coranica. Come tale, veniva rispettato anche dai beduini del deserto del Sinai. L’ Unesco lo aveva annoverato tra i monumenti riconosciuti come patrimonio dell’umanità. Gli inestimabili tesori del Monastero – icone, manoscritti, cimeli, biblioteche e proprietà – venivano gestiti dai venti monaci della locale comunità monastica, che code di una propria ampia autonomia in seno al Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme.In base alla sentenza emessa dal Tribunale di Ismailia mercoledì 28 maggio, i beni del Monastero vengono di fatto confiscati e passano in gestione allo Stato egiziano, mentre ai monaci vengono imposte restrizioni di accesso a determinati immobili. La loro permanenza nel Monastero viene consentita solo per scopi di culto e alle condizioni stabilite dal nuovo proprietario statale.Il sito orthodoxia.info ha definito l’applicazione della sentenza come «una delle più gravi violazioni delle libertà religiose e individuali degli ultimi secoli», perpetrata in un periodo travagliato per il Medio Oriente.La disposizione, che di fatto priva il Monastero della sua autonomia, arriva dopo un lungo periodo di controversie legali e azioni giudiziarie avviate contro la relativa autonomia gestionale esercitata nel Monastero.Alcuni funzionari egiziani giustificano la misura presa come un atto di protezione del patrimonio culturale del Monastero.L’archeologo Abdel Rahim Rihan ha sostenuto in proposito che i beni immobili del monastero ricadono sotto le leggi sui beni culturali e la decisione messa in atto dopo la sentenza del tribunale garantisce la valorizzazione a beneficio del “patrimonio mondiale e dei monaci”. I monaci, dal canto loro, parlano di una espulsione de facto dal loro stesso monastero.La decisione presa pone fine in maniera contestata alla pluriennale offensiva legale contro i monaci di Santa Caterina da parte dello Stato egiziano, che a fasi alterne, fin dal tempo del governo controllato dai Fratelli Musulmani, puntara a porre sotto il proprio controllo il Monastero.Secondo alcuni analisti, la disposizione messa in atto mostra che lo stesso Presidente, il generale Abdel Fattah Sisi, non sarebbe in grado di controllare apparati che fanno parte dello “Stato profondo”, alcune delle quali legate anche a gruppi di matrice salafita.Ora il Cairo deve gestire una crisi con la Grecia, che ha reazito duramente all’atto governativo sul Monastero, in un momento in cui l’Egitto è al centro di tumultuosi sviluppi in Palestina che interessano anche la penisola del Sinai, area dove operano frange di jihadisti organizzati in passato Sinai che in passato hanno minacciato il monastero compiendo anche attacchi ad opera di commandi armati. E la disposizione messa in atto indebolisce il Monastero anche nelle numerose controversie civili che lo contrapponevano a diverse controparti per casi di usucapione.La reazione dei monaci è stata forte. È già in programma una campagna internazionale di sensibilizzazione e informazione rivolta alle Chiese e ad altre comunità religiose, con l’obiettivo di ottenere la revoca della decisione.Immediata anche la reazione dell’Arcivescovo greco ortodosso di Atene Ieronymos. «Non voglio e non posso credere” ha dichiarato Ieronymos “che oggi l’ellenismo e l’Ortodossia stiano vivendo un’altra storica “conquista”». «Questo faro spirituale dell’Ortodossia e dell’ellenismo – ha aggiunto – si trova ora ad affrontare una questione di sopravvivenza». (Agenzia Fides 30/5/2025)
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Il Sottosegretario Mantovano all’incontro "La cybersicurezza per lo sviluppo sociale ed economico del Paese: prevenire, proteggere, contrastare"

Source: Government of Italy

Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ha partecipato questa mattina, alla Loggia dei Mercanti di Ancona, all’incontro “La cybersicurezza per lo sviluppo sociale ed economico del Paese: prevenire, proteggere, contrastare”.
L’evento fa parte della serie di incontri che il Sottosegretario Mantovano e l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale hanno avviato con le amministrazioni regionali allo scopo di rafforzare la sicurezza cibernetica in Italia, in particolare nel settore della sanità.
Erano presenti il Presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli e il Vice Presidente e assessore alla sanità Filippo Saltamartini, il Direttore generale dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale Bruno Frattasi e il Vice Direttore Nunzia Ciardi, il Presidente della Camera di Commercio delle Marche Gino Sabatini, il Prefetto di Ancona Maurizio Valiante e il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Ancona Roberto Rossi.

Di seguito il testo dell’intervento del Sottosegretario Mantovano.

***

Il titolo dell’evento di oggi – “La cybersicurezza per lo sviluppo sociale ed economico del Paese” – è una sfida a un’opinione tuttora diffusa, non solo nel mondo privato ma anche in quello della pubblica amministrazione: l’idea, cioè, che la cybersicurezza in fondo è un costo, un freno, il contrario di una risorsa capace di promuovere lo sviluppo.
I dati suggeriscono una prospettiva differente.
Secondo un Report pubblicato da IBM a luglio 2024, il costo medio degli incidenti informatici per i quali vi sia stata violazione di dati è in Italia di 4,37 milioni di euro all’anno, rispetto ad una media di 4,88 milioni a livello mondiale: la quantificazione comprende non solo i costi per la perdita dei dati, ma pure quelli delle interruzioni operative, i danni alla reputazione e le possibili sanzioni legali (questi ultimi sono tanto onerosi quanto assolutamente improduttivi).
E questo senza considerare le conseguenze sociali degli attacchi informatici. Pensiamo ai danni nel settore della sanità e, per esempio, a quello che accadde in Irlanda durante la pandemia: l’incauta apertura di un allegato a una mail malevola nel 2021 comportò la paralisi di larga parte del sistema sanitario irlandese, e obbligò gli operatori a riscoprire “carta e penna” e a rallentare di molto l’erogazione di servizi essenziali.
Solo nella Regione Marche le prestazioni sono 6 milioni all’anno. Immaginate le possibili conseguenze.
L’Italia comunque non è immune. Nel solo 2024, si sono verificati 57 incidenti nel settore sanitario, rispetto ai 12 dell’anno precedente. Gli attacchi hanno interessato decine di strutture, presidi ospedalieri e servizi medici sul territorio.
Non si tratta solo di numeri. Sono vite umane vulnerabili, che questi attacchi vulnerano ancora di più.
Certamente l’impennata del numero di incidenti conosciuti è legata anche alla migliorata capacità di monitoraggio dell’ACN.
Su questo un paragone possiamo farlo col numero di procedimenti che vengono aperti ogni anno in Italia per reati di corruzione: quello che emerge se si guarda attentamente è che in quel campo l’Italia ha la miglior capacità di reazione sul piano giudiziario e di polizia giudiziaria, quindi non è che ci sia più corruzione, c’è una maggiore capacità di individuare e scoprire i reati di corruzione. Lo stesso accade ultimamente con i reati informatici e gli accessi abusivi, grazie a una migliorata capacità operativa di ACN e a un migliore coordinamento tra i soggetti pubblici che se ne occupano.
Il fenomeno comunque è in aumento. E non solo in Italia.
La Commissione europea ha pubblicato pochi mesi fa un “Piano di azione” specificamente dedicato alla cybersicurezza degli ospedali e dei fornitori di servizi sanitari.
Il Procuratore Rossi ha fatto cenno agli attacchi cyber nel settore della Giustizia. Vi riporto su questo un esempio di un fatto realmente accaduto, ormai di dominio pubblico: un giovane di 20 anni di Agrigento viene a sapere per caso di essere indagato e cerca di entrare nel sistema informatico del tribunale per verificare. Questo giovane è riuscito a entrare in tutto il sistema informatico del Ministero. Per fortuna ha tenuto i dati per sé e grazie a un’accurata indagine è stato scoperto e i danni sono stati riparati, ma sono intuibili le conseguenze delle violazioni a danno delle infrastrutture digitali nel settore della Giustizia, poiché esse contengono una mole incalcolabile di dati sensibili (decreti ingiuntivi, fallimenti, procedimenti penali…).
In questo caso c’era stato un attacco esterno, in altri casi c’è l’infedeltà degli operatori interni, ma anche in quei casi le conseguenze possono essere ridimensionate se ci sono meccanismi, anche semplici come quelli di accesso personale ai conti correnti bancari, a difesa dei dati sensibili.
Proprio per questo al Governo c’è un tavolo di lavoro interministeriale per arrivare a una organizzazione omogenea della difesa dei sistemi informatici pubblici nazionali.
Gli attacchi sono sempre più pervasivi ed efficaci, grazie all’impiego di nuove tecnologie – come l’intelligenza artificiale – e a un’organizzazione degli hacker sempre più strutturata. Appena la settimana scorsa – dal 19 al 22 maggio –con il coordinamento di Europol e di Eurojust, è stata smantellata una rete globale di infrastrutture chiave per lanciare attacchi ransomware: sono stati chiusi circa 300 server in tutto il mondo, neutralizzati 650 domini ed emessi mandati di arresto internazionali nei confronti di 20 persone.
Per rafforzare il contrasto alle nuove minacce cyber nel giugno 2024 il Parlamento, su proposta del Governo, ha approvato la Legge sulla cybersicurezza – la L. 90/2024 –: essa ha esteso gli obblighi di segnalazione degli incidenti a soggetti pubblici fino a quel momento non considerati dalla normativa di settore; e ha imposto, per tali nuovi soggetti, importanti obblighi organizzativi, come quello di dotarsi di una struttura e di un referente specificamente dedicati alla sicurezza cibernetica.
Questa legge non offre una bacchetta magica ma garantisce un equilibrio e un coordinamento tra tutti i soggetti che devono intervenire. Anche perché la rapidità d’intervento è fondamentale ma c’è ancora una sorta di ritrosia, di pudore, soprattutto nella p.a., nel segnalare e denunciare gli attacchi subiti.
Altre norme sono allo studio. A tal proposito, ricordo che all’inizio degli anni ’90 in Italia c’erano ancora i sequestri di persona a scopo di riscatto. Sono terminati nel giro di poco quando il Parlamento approvò una legge sul blocco dei beni, dolorosissima ma che è servita. È in discussione qualche intervento altrettanto drastico e non entro nella discussione, ma voglio dire che è fuori da ogni logica – sia da parte di un operatore privato e ancora di più pubblico – a fronte di una richiesta di riscatto, seguita all’acquisizione di dati sensibili, prendere solo in considerazione l’idea di pagare il riscatto. Ciò significa aumentare le potenzialità criminali e consentire a chi ha fatto l’aggressione di dotarsi di strumenti ancora più efficaci
Detto questo, la sicurezza non si crea per legge. Anche le migliori norme sono destinate a fallire se non vengono fatte proprie da chi è tenuto a darne attuazione.
Eventi come quello di oggi qui ad Ancona sono importanti, poiché “accorciano le distanze”, aumentano la reciproca conoscenza e fiducia tra i destinatari delle norme – le imprese, le ASL, le altre pp.aa. – e chi, come l’ACN, è chiamato a farle rispettare.
L’occasione è importante anche per le PMI, che – stando al recente Cyber Index PMI 2024, frutto della collaborazione tra ACN, Confindustria e Generali, pubblicato poche settimane fa – spesso non conoscono le opportunità che hanno per rafforzare la propria cybersicurezza: il 30% del campione considerato, pur dichiarandosi interessato, non è a conoscenza di progetti e di bandi che mettono a disposizione le risorse pubbliche per la cybersicurezza; solo il 10% ha beneficiato di fondi pubblici per migliorare la propria sicurezza digitale.
La collaborazione con l’ACN è decisiva. Anche per rendersi conto di come un miglioramento delle capacità di protezione delle infrastrutture digitali possa essere ottenuto adottando misure talvolta anche semplici, e non necessariamente onerose: un Report di Microsoft del 2022 ha sottolineato come l’adozione di misure elementari di cybersicurezza – per es. tenere aggiornati i sistemi e le password, svolgere regolari backup, ecc. – può proteggere fino al 98% degli attacchi.
Anche lo studio di IBM che ho citato inizialmente mostra quanto sia determinante il fattore umano: secondo il report, la misura dimostratasi più influente nella riduzione dei costi legati alle violazioni di dati avvenute tra marzo 2023 e febbraio 2024 è stata la formazione dei dipendenti. L’efficacia di questa misura è superiore persino all’impiego di software di cybersicurezza basati sull’intelligenza artificiale. In modo speculare, la scarsità di competenze in cybersicurezza ha rappresentato il secondo fattore (dopo la “complessità del sistema di sicurezza”) che più ha contribuito a far lievitare i costi delle violazioni.
La Regione Marche si sta muovendo lungo queste direttrici: da un lato investe sulla qualità delle proprie infrastrutture digitali, e questo le ha permesso di entrare nel catalogo di AgID dei fornitori di servizi cloud e dei servizi digitali evoluti; dall’altro interviene sul piano organizzativo, con l’istituzione dell’ “l’Unità per la Cybersicurezza” e mette in campo iniziative di formazione cyber, a cominciare da quella dei dipendenti della Giunta regionale e del Servizio Sanitario Regionale.
Progetti rilevanti di rafforzamento della cybersicurezza sono in corso da parte del Ministero della Giustizia, per la protezione delle proprie delicate infrastrutture.
Torna alla mente una pagina di un ufficiale della marina inglese del XVII secolo, in cui si legge: “Questa nave è perfetta. Il legname con cui è stata costruita è di prim’ordine. Un vero miracolo dell’ingegneria dei cantieri di Sua Maestà (…). [Ma] per vincere i venti che sfideranno le robuste vele di questo naviglio il legno e la tela non basteranno, (…) perché laddove il mare è in bonaccia, oppure è in tempesta, può più la volontà dei migliori uomini che la resistenza del miglior legno contro le forze della natura!”
400 anni dopo questo ufficiale di marina continua ad avere ragione: il “fattore umano” è insostituibile. La sicurezza non può essere garantita affidandoci in automatico soltanto a soluzioni tecnologiche e ingegneristiche: cammina sulle gambe delle donne e degli uomini che ne sono responsabili, e sulla loro determinazione nel proteggere la propria comunità, a cominciare dai suoi componenti più fragili.
Ringrazio la Regione Marche per gli sforzi che sta facendo in questo senso e garantisco che avrà sempre il Governo nazionale al proprio fianco.

EUROPA/ITALIA -Padre Herve Du Penhoat nuovo Superiore Generale della Società delle Missioni Africane: “Dobbiamo orientarci sempre più verso l’aspetto missionario”

Source: The Holy See in Italian

giovedì, 29 maggio 2025

SMA

Il nuovo Superiore Generale, di origine francese, è stato missionario 15 anni in Benin, dal 1991 al 2013, con i Bariba, un gruppo etnico dell’Africa occidentale. E’ stato impegnato anche in Spagna e poi in Francia dal 2013 al 2025.“In questi ultimi anni, nonostante tante difficoltà, tra le quali il Covid, la ristrutturazione interna della SMA, avete dato tutto, avete lavorato intensamente e siete stati molto sul campo. Avete dimostrato di essere un Consiglio unito e complementare, si è visto anche nella preparazione dell’Assemblea Generale” ha detto p. François nel quadro dell’Assemblea in corso.“E’ un momento chiave di rinnovamento della nostra congregazione, grazie mille a voi – ha rimarcato< il neo eletto Superiore Generale ringraziando il Superiore Generale uscente p. Antonio Porcellato, e gli altri membri del consiglio uscente, p. François de Paul, p. Rosario, e p. Christophe. Contiamo sul vostro sostegno e sulla vostra collaborazione affinché andiamo avanti tutti insieme. Siamo alla fine di un ciclo in cui abbiamo investito molto per costruire la nostra congregazione; ora dobbiamo orientarci di più verso l'aspetto missionario, verso gli altri, verso la chiesa locale. Siamo sulla strada giusta che ci porterà lontano se la facciamo tutti insieme. Continuiamo cosi”." ‘Quando il ritmo del tamtam cambia, la danza cambia’ "- ha aggiunto padre François riportando un proverbio africano. "Forse ci sarà un cambiamento di ritmo ma dobbiamo prima capire bene qual’è questo nuovo ritmo per poterlo seguire; forse sarà un po' caotico, è possibile, ma lo Spirito Santo opera dove è caotico."Fin dalla fondazione della SMA a Lione nel 1856, il continente africano è al cuore della missione e della vita della SMA. Lungo tutti questi 169 anni il rapporto con l’Africa si è sviluppato e ha conosciuto una grande evoluzione. In sintesi si può dire che l’Africa che all’inizio era soltanto l’oggetto che riceveva la missione, oggi è diventata e sta diventando sempre più un soggetto attivo della missione. Ad oggi la maggioranza dei membri permanenti della SMA sono di origine africana. Inoltre il 90% degli oltre trecento seminaristi in formazione sono di origine africana. Come lavoro pastorale di annuncio del Vangelo i missionari e associati SMA sono 900 membri e 200 seminaristi, ufficialmente presenti in 30 nazioni di quattro continenti. La priorità è e resta la prima evangelizzazione nel continente africano.(AP) (Agenzia Fides 29/5/2025) Condividi:

EUROPA/ITALIA – “Dobbiamo orientarci sempre più verso l’aspetto missionario, verso gli altri, verso la chiesa locale”: eletto il nuovo Superiore Generale della Società delle Missioni Africane

Source: The Holy See in Italian

giovedì, 29 maggio 2025

SMA

Roma (Agenzia Fides) – “Grazie mille, grazie a tutti, grazie per questa fraternità” – sono le prime parole pronunciate di padre François Marie Herve Du Penhoat nuovo Superiore Generale della Società delle Missioni Africane (SMA).“In questi ultimi anni, nonostante tante difficoltà, tra le quali il Covid, la ristrutturazione interna della SMA, avete dato tutto, avete lavorato intensamente e siete stati molto sul campo. Avete dimostrato di essere un Consiglio unito e complementare, si è visto anche nella preparazione dell’Assemblea Generale” dice p. François in merito alla XXII Assemblea Generale della Società delle Missioni Africane che si concluderà l’8 giugno (vedi Agenzia Fides 20/5/2025).“E’ un momento chiave di rinnovamento della nostra congregazione, grazie mille a voi – rimarca il neo eletto Superiore Generale ringraziando il Superiore Generale uscente p. Antonio Porcellato, e gli altri membri del consiglio uscente, p. François de Paul, p. Rosario, e p. Christophe. Contiamo sul vostro sostegno e sulla vostra collaborazione affinché andiamo avanti tutti insieme. Siamo alla fine di un ciclo in cui abbiamo investito molto per costruire la nostra congregazione; ora dobbiamo orientarci di più verso l’aspetto missionario, verso gli altri, verso la chiesa locale. Siamo sulla strada giusta che ci porterà lontano se la facciamo tutti insieme. Continuiamo cosi”.” ‘Quando il ritmo del tamtam cambia, la danza cambia’ “- ha aggiunto padre François riportando un proverbio africano. “Forse ci sarà un cambiamento di ritmo ma dobbiamo prima capire bene qual’è questo nuovo ritmo per poterlo seguire; forse sarà un po’ caotico, è possibile, ma lo Spirito Santo opera dove è caotico.”Il nuovo Superiore Generale è stato missionario 15 anni in Benin, dal 1991 al 2013, con i Bariba, un gruppo etnico dell’Africa occidentale. E’ stato impegnato anche in Spagna e poi in Francia dal 2013 al 2025.Fin dalla fondazione della SMA a Lione nel 1856, il continente africano è al cuore della missione e della vita della SMA. Lungo tutti questi 169 anni il rapporto con l’Africa si è sviluppato e ha conosciuto una grande evoluzione. In sintesi si può dire che l’Africa che all’inizio era soltanto l’oggetto che riceveva la missione, oggi è diventata e sta diventando sempre più un soggetto attivo della missione. Ad oggi la maggioranza dei membri permanenti della SMA sono di origine africana. Inoltre il 90% degli oltre trecento seminaristi in formazione sono di origine africana. Come lavoro pastorale di annuncio del Vangelo i missionari e associati SMA sono 900 membri e 200 seminaristi, ufficialmente presenti in 30 nazioni di quattro continenti. La priorità è e resta la prima evangelizzazione nel continente africano.(AP) (Agenzia Fides 29/5/2025)
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AMERICA/HAITI – Crisi umanitaria: missionari salesiani garantiscono pasti regolari a oltre 2.300 giovani haitiani

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giovedì, 29 maggio 2025

Port-au-Prince (Agenzia Fides) – In un contesto dove la crisi umanitaria e sociale sembra non avere fine, i missionari salesiani operano anche per garantire una alimentazione decente a ragazzi e ragazze nell’età dello sviluppo. In collaborazione con l’organizzazione umanitaria “Rise Against Hunger”, il cui obiettivo è far crescere un movimento a livello planetario per fronteggiare la fame nel mondo, in questi mesi i salesiani hanno potuto offrire ogni giorno almeno un pasto sano al giorno per oltre 2.300 tra ragazzi e ragazze che frequentano tre centri disseminati sull’isola: “Don Bosco Technique”, “Lakay Don Bosco” e “Vincent Foundation”.Si tratta di tre strutture che operano in un contesto di grande povertà. Il centro intitolato “Vincent Foundation” è situato a sud della città di Cap-Haïtien, nel quartiere periferico di Vertières. Ed è l’unico spazio del quartiere in cui i giovani possono giocare e socializzare in tutta sicurezza. Le famiglie non riescono a garantire loro una alimentazione regolare e equilibrata.Lo stesso è accaduto al centro “Lakay Don Bosco”, dove da diversi mesi studia Jeannot. Viveva con sua madre e sua nonna. All’età di 5 anni la mamma morì. Era ancora un ragazzino quando lasciò la nonna e si unì alle bande di adolescenti che usano armi compiere rapine e altre forme di violenza. Poi l’incontro con i missionari. Ora Jeannot ha 15 anni ed è uno scout e frequenta i corsi professionali per diventare meccanico.L’alimentazione regolare contribuisce anche a aumentare i livelli di apprendimento dei ragazzi e delle ragazze “Prima era difficile insegnare loro qualcosa, poiché ‘una pancia affamata non ha orecchie’. ha spiegato Lourdena Bien-Aime Pierre, educatrice e responsabile alimentare del centro “Lakay Don Bosco”.I salesiani sono attivi ad Haiti dal 1935, quando giunsero in risposta alla richiesta del governo haitiano di prendersi cura di una scuola professionale. Da allora, hanno ampliato il loro lavoro fino a comprendere 11 opere principali (tra scuole e centri di formazione) e oltre 200 piccoli centri educativi in tutto il Paese. (F.B.) (Agenzia Fides 29/5/2025)
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Concorso, per titoli ed esami, a 2 posti di Consigliere di Stato – anno 2025

Source: Government of Italy

28 Maggio 2025

Si rende noto che nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – IV Serie Speciale – Concorsi ed esami, n. 41 del 27 maggio 2025, è stato pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio di Stato in data 14 maggio 2025, concernente il bando di concorso, per titoli ed esami, a n. 2 posti di Consigliere di Stato.